Chi si rivede? Silvio, l’ex onnipotente. Un Berlusconi tanto dimesso e silenzioso fino a poco tempo fa sarebbe stato difficile anche solo immaginarselo. Ci voleva un Nazareno per fare il miracolo: ora che in prima linea c’è Matteo, socio e alleato, l’ex monarca dimostra che, quando serve, sa stare benissimo al proprio posto. Ma ogni tanto tocca fare capolino, e la convention dei giovani azzurri organizzata da Antonio Tajani a Perugia è uno di quegli eventi a cui il capo non può mancare. Solo in voce, per carità, ma almeno una telefonata come si fa a negarla? Tanto più che proprio da questo palco perugino Raffaele Fitto, il primo vero oppositore interno con cui il monarca si sia mai trovato a fare i conti, ha lanciato l’ennesimo siluro, con quell’invito al vetriolo a «non rinnovare il partito col casting, stile Grande Fratello».

«Ma quale casting!», rimbecca il capo piccato. E’ solo che «anche noi dopo vent’anni abbiamo bisogno di rinnovarci e rivitalizzarci». Ma senza buttare via niente, che qui mica si rottama. Tutti insieme, giovani e attempati a braccetto, «non ci sono divisioni tra noi». «Divisi da lotte intestine» casomai sono tutti gli altri. Tenendo conto che parla a un partito dove nessuno più gira senza un’arma in tasca non si può che plaudire alla faccia tosta.
Ma da quel punto di vista, si sa, Silvio è imbattibile. Nemmeno Renzi, che pure in fatto di bugiarderia disinvolta è un campione, arriva a superarlo. Infatti, una volta preso l’avvio, l’istrione ne infila una dopo l’altra: «Siamo alternativi a questo governo. Convintamente all’opposizione, non condividiamo la politica economica e nemmeno quella estera». Tant’è vero che il Jobs Act gli azzurri lo voteranno, sì, però «solo se fatto bene»… Certo, un po’ di pepe ci vuole, e il telefonista non lo lesina: «Qui o cambia la politica monetaria o noi usciamo dall’euro». Ruggire, quando le circostanze impediscono di dar seguito ai proclami, non costa nulla. Non è che Fitto gliela faccia passare liscia però: «L’opposizione va praticata, non solo predicata, sia in Parlamento che nel Paese». E se il viceré pugliese attacca dall’interno, Passera, che sul trono di re Silvio ci ha messo il cuoricino, converge dall’esterno accusando il capo di fare l’oppositore solo a parole e per necessità, avendo sinora Arcore «sostenuto più o meno acriticamente le posizioni di Renzi in ossequio al segretissimo patto del Nazareno».

Passera, almeno per ora, non impensierisce il Sommo. Ma con Fitto le cose stanno diversamente. Come punto di riferimento di quanti, in Fi, si oppongono all’asse Renzi-Berlusconi, raccoglie consensi, accresce le sue truppe. Tra i lealisti, non pochi lo caccerebbero dal partito seduta stante: ipotesi estrema che il capo non può permettersi perché il partito deflagrerebbe. Così a Toti tocca rabbonire gli infuriati che strepitano contro il sabotatore. Per la verità, anche Berlusconi non vede l’ora che il ribelle tolga il disturbo. Ma la peculiarità di Fitto è proprio nella scelta di giocarsi la partita dall’interno quanto più a lungo possibile erodendo consensi anche tra i parlamentari. Per questo è il primo vero caso di opposizione interna: una grana di stampo inedito che Berlusconi, abituato all’obbedienza o agli abbandoni, non ha idea di come risolvere.
Ma il guaio è serio. Sotto traccia e certo senza mai dichiararlo, il socio di stanza a palazzo Chigi sta ridisegnando l’Italia a misura sua, ma anche di Nazareno e insieme di un nuovo blocco sociale e politico. Un fronte che comprende il pregiudicato di Arcore, ma anche il sagace manager che ha portato la Fiat fuori dall’Italia con l’attivo e dispendioso sostegno proprio del Paese gabbato: Sergio Marchionne, genio della «sòla», o fregatura che dir si voglia.

L’operazione però rischia di naufragare su due scogli: uno è l’opposizione di quella parte di potere economico-finanziario che non concorda con Marchionne, e che in Europa è maggioritario. L’altro, più immediato, sono gli agguati di chi dall’interno dei due eserciti, invece di allinearsi spara sul Nazareno. Come Fitto.