Se lo leggiamo in continuità con Per farla finita con la famiglia (Meltemi, 2020), «Per farla finita col nucleare» potrebbe essere il sottotitolo perfetto di Eva virale, il nuovo libro di Angela Balzano per la collana «Culture radicali» curata dal gruppo Ippolita (Meltemi, pp. 212, euro 18), che del precedente libro riprende l’attacco alla famiglia eterosessuale nucleare ampliandolo in una dimensione più dichiaratamente ecologica, contro il nucleare come arma/risorsa in primis, ma anche oltre i confini di specie, genere e nazione, come l’effettivo sottotitolo recita.

LA RETORICA MILITARE e quella genetica affondano entrambe le loro radici nell’estrattivismo, con la benedizione della trinità patriarcale di teologia, capitalismo e biologia: il nucleare è una tecnologia estrattiva (falsamente) pulita, (altamente) costosa, e le cui scorie richiedono centomila anni per essere smaltite; anche il dna nucleare ha funzionato come una tecnologia che, nel codificare la grammatica della vita, ha supportato il prevalere di una narrazione «difesa» ed «egoista» altrettanto pericolosa, racchiusa nella traiettoria, tutta antropocentrica, fra genesi e genealogia. La dinamite delle parole di Balzano, allora, fa saltare in aria le linee straight di questa traiettoria, sganciando la potenza dei corpi dalle necessità della riproduzione per identificazione e filiazione.
Anche per questo Balzano problematizza le genealogie ereditate e si chiede, per esempio, perché quando si parla di licheni o di fissione nucleare Beatrix Potter e Lise Meitner siano sempre invisibilizzate, o perché il paper in cui Lynn Margulis teorizzava l’endosimbiosi sia stato rifiutato ben quindici volte prima di esser pubblicato.

BALZANO CI RACCONTA del dna mitocondriale, l’eredità infettiva batterica che si trova solo nel citoplasma dell’ovulo e che ci rende da sempre simbionti, ma anche del dna retrovirale, che fa dell’origine della vita un’infezione, e della placenta un’interfaccia di comunicazione col mondo nella quale si raggomitola tutto il tempo di tutte le vite. Se, come scrive Zoe Sofia, una guerra nucleare così come una gravidanza possono sempre essere evitate, per chi scrive Eva virale non si tratta più di scegliere di fare a meno delle parentele, ma di farle in-sorgere coltivandole in modo diverso, con una responsabilità orientata alla giustizia transpecie.

Condivido l’ottimismo della passione di Balzano, che nello snocciolare con puntualità studi sul surriscaldamento del pianeta e le conseguenze della crisi climatica per le vite diversamente posizionate, non rinuncia a desiderare una rivoluzione collettiva bassa e dal basso, e non si fa sedurre dal tecnosoluzionismo dei guru della sostenibilità o dagli appelli ai singoli consumatori, che generando ansia e impotenza atomizzando ancora di più la vita senza intaccare il produzionismo capitalista.
Stando con Spinoza, in dialogo con l’orizzonte teorico neomaterialista e femminista che oggi al filosofo monista si collega, da Braidotti ad Alaimo passando per la più compostista Haraway, Balzano pone una tesi precisa al centro del libro: a partire dall’assunto che ogni corpo è compost-o e che ogni corpo desidera perseverare nel proprio essere, per potere godere della potenza generativa della vita transpecie, e interromperne l’espropriazione estrattiva che ne fa risorsa, è necessario prendersi carico della vita in comune in maniera attiva e collettiva, attraverso processi di redistribuzione non produttiva e non proprietaria, eppure generativi.

Compostare, compensare, trasformare significa certamente defossilizzare, decementificare e deplastificare, ma non può avvenire in un vuoto dove tutto si equivale: per questo serve sia situarsi nelle lotte da qualche parte, sia nutrire il desiderio in una dimensione che rimpiazzi la rinuncia con una moltiplicazione di pieghe di vita in cui il desiderio non solo proprio e non più proprietario possa incanalarsi.

LA SCRITTURA LUCCICANTE e umida di Balzano, fatta di continue variazioni affettive (perché l’affetto è variazione perenne) il cui allegro con brio contrasta il ticchettio dell’orologio dell’apocalisse che segna i minuti che ci separano dalla fine del mondo (umano), compie con Spinoza una «escursione nella materia», muovendosi fra organismi ed elementi, ma vuole anche com-muoverci, compostandosi negli interstizi in cui conoscenza e desiderio si richiamano, e s’innesca la potenza di azione e relazione del sapere.
Da eco-cyborg transfemminista, Balzano scrive un libro radicalmente antidualista, dove teorizzare è già pratica perché la dimensione etica è necessariamente intrinseca al pensiero incorporato, ma la pratica è sempre già politica capace di non cadere nell’incantamento dell’immanenza e di restare vigile alle asimmetrie di potere più o meno visibili fra le maglie del capitale.