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La generazione Z che sta lottando per il futuro

Che cos’hanno in comune una ragazza svedese di 16 anni, una ventiseienne nigeriana arrivata in Italia a inizio 2015, una diciannovenne americana di Portland e un giovane apicoltore del Sertao […]

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 7 marzo 2019

Che cos’hanno in comune una ragazza svedese di 16 anni, una ventiseienne nigeriana arrivata in Italia a inizio 2015, una diciannovenne americana di Portland e un giovane apicoltore del Sertao Brasiliano? Oltre alla giovane età, tutti sono accomunati dal fatto di essere vittime del cambiamento climatico. Per la prima volta, infatti, c’è una seria prospettiva per chi oggi ha circa vent’anni (la cosiddetta generazione Z) di arrivare a vedere con i propri occhi un mondo in cui le condizioni elementari per condurre una vita dignitosa e felice non sono più garantite. E se questo per qualcuno, in Europa e Nord America, è una prospettiva da rifuggire, per chi abita nel cosiddetto sud del mondo rappresenta una triste e catastrofica realtà già in essere.

Le migrazioni a cui assistiamo oggi sono in buona parte determinate proprio dal fatto che le condizioni ambientali degradate rendono sempre più difficile il sostentamento per le economie locali, rendono più incerto il mestiere degli agricoltori, mettono a repentaglio con maggiore frequenza la sopravvivenza delle greggi e in molti casi non offrono alcuna prospettiva per il futuro. E quando non c’è futuro e nemmeno presente, le persone scappano. Intendiamoci, non è solo una questione climatica, ma nessuno può negare che questa abbia un peso notevole.

Ecco allora che urge una risposta corale e immediata. Greta Thunberg, la sedicenne svedese, lo ha detto con una chiarezza disarmante di fronte ai governi ONU riuniti in Polonia per la conferenza sul clima, e con il suo attivismo ha mobilitato una enorme manifestazione globale che si svolgerà venerdì prossimo. Francisco Melo Medeiros, invece, ha trentatre anni e fa l’apicoltore nel nord del Brasile, in una zona in cui l’aridità sta mettendo in seria difficoltà la sopravvivenza delle api e dunque del suo lavoro, e ogni giorno lotta per creare un ambiente resiliente e capace di rigenerarsi attraverso pratiche agroecologiche e di lotta integrata. Tia Hatton, con i suoi 19 anni ha denunciato, insieme a venti coetanei, l’amministrazione Trump di fronte alla Corte Suprema per la mancata protezione dei diritti dei giovani a godere di un ambiente salubre e vivibile in futuro. La Corte Suprema sta analizzando il caso, perché dal punto di vista giuridico gli estremi per un processo esistono. Infine, Becky Moses era una giovane nigeriana emigrata in Italia e purtroppo morta in uno dei tanti roghi nella baraccopoli di San Ferdinando, in Calabria, dopo essersi vista rifiutare la richiesta di asilo politico dal nostro governo. La generazione di questi ragazzi esige delle risposte, in primis per sé stessa e poi per coloro che verranno dopo. Da un lato la politica non può più tergiversare e perdersi in discussioni che eludono la centralità della questione climatica ed ecologica. Non è più il tempo di mezze misure. Dall’altro noi, come cittadini, siamo chiamati a partecipare attivamente, mettendo in atto buone pratiche, chiedendo politiche sostenibili, promuovendo comportamenti ecologicamente etici. In questo senso «Fa’ la cosa giusta», che si svolge a Milano, offre un palcoscenico privilegiato per osservare e scoprire come possiamo migliorare i nostri stili di vita in senso compatibile con il futuro di tutti. Ci sono molti modi per acquisire protagonismo, sta a ciascuno di noi trovare il proprio. Quel che è certo, però, è che nessuno può chiamarsi fuori.

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