La galleria degli «annullati»
Scaffale «Per tutte e per ciascuna, per tutti e per ciascuno» di Filippo Kalomenìdis (Dea edizioni): cinquantadue vite di donne e uomini annientate, negli anni di storia italiana che vanno dal 1969 al 2021, dalla violenza di un ordine economico e sociale spietatamente repressivo
Scaffale «Per tutte e per ciascuna, per tutti e per ciascuno» di Filippo Kalomenìdis (Dea edizioni): cinquantadue vite di donne e uomini annientate, negli anni di storia italiana che vanno dal 1969 al 2021, dalla violenza di un ordine economico e sociale spietatamente repressivo
Vite annullate. Vite di combattenti rivoluzionari, di militanti politici e sindacali, di migranti, di omosessuali, di transessuali, di instabili psichici, di reclusi nelle carceri, nei centri psichiatrico-giudiziari, nei lager per stranieri, esistenze cancellate dalla violenza di un sistema intollerante di ogni diversità.È il nuovo libro di Filippo Kalomenìdis, Per tutte e per ciascuna, per tutti e per ciascuno (Edizioni Dea, pp. 229, euro 20). «Un volume – spiega Kalomenìdis – che nasce dall’amore, dalla rabbia, dalla volontà di ricordare, ma che vuole anche denunciare come sistematicamente il dominio dei più forti annichilisca i più deboli sino alla morte». «Insieme con i giovani autori del collettivo romano Eutopia – aggiunge l’autore – abbiamo composto prose poetiche, dialoghi e brevi testi teatrali per raccontare cinquantadue vite di donne e uomini annientate, negli anni di storia italiana che vanno dal 1969 al 2021, dalla violenza di un ordine economico e sociale spietatamente repressivo».
La galleria degli «annullati» va da figure note come Giuseppe Pinelli e Giorgiana Masi a persone di cui quasi niente è rimasto nella memoria collettiva. Come Elena Pacinelli, ad esempio, uccisa il 29 settembre del 1977 da un gruppo di fascisti che sparano su un corteo del movimento. O come Loredana, registrata all’anagrafe di Catania con il nome di Paolo: per «recuperarla», a sedici anni il Tribunale dei minori l’assegna a una comunità a Marina di Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, dove, l’11 dicembre del 2007, lei s’impicca con il suo foulard preferito. E poi, ancora, Maria Baratto, operaia Fiat a Pomigliano d’Arco, che il 21 gennaio del 2017, dopo essere stata messa in cassa integrazione, a quarantasette anni si toglie la vita nella sua casa di Acerra, colpendosi ripetutamente all’addome con un coltello.
E Adil Belakhdim, operaio e sindacalista, che la mattina del 18 giugno del 2021 viene travolto e ucciso, a trentasette anni, da un camion che forza il picchetto mentre è in corso una protesta contro i massacranti turni di lavoro nel deposito della Lidl a Biandrate, in provincia di Novara.
«Furiosa e delicata è la scrittura di queste pagine – annota Franco Berardi Bifo nell’introduzione –. Un libro che ha attraversato il Mediterraneo su un barcone, è stato rinchiuso nelle carceri speciali di Cossiga, ha dormito per terra nelle sale d’attesa delle stazioni La disperazione e la gioia, la comprensione e la poesia». E Barbara Balzerani nella postfazione: «’Ci sono molti modi di uccidere. / Si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, / togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, / sbatterlo in una casa inabitabile, / massacrarlo di lavoro, / spingerlo al suicidio, / farlo andare in guerra ecc. / Solo pochi di questi modi sono proibiti dallo stato’. Così ci ha lasciato scritto Bertolt Brecht nel secolo scorso, mai smentito. Nelle poche righe della sua poesia è racchiuso il senso di quest’opera di Filippo Kalomenìdis»
ABBONAMENTI
Passa dalla parte del torto.
Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento