La furia censoria di Erdogan emigra in Germania. Che imbarazzo a Berlino
Satira Canzoncina che prende in giro il "sultano" sulla tv tedesca diventa un caso diplomatico
Satira Canzoncina che prende in giro il "sultano" sulla tv tedesca diventa un caso diplomatico
L’avversione del Sultano di Ankara per la libertà di stampa è cosa nota. Ma fino a oggi il governo turco non aveva ancora avanzato la pretesa di estendere la censura fuori dai confini del paese, fino nel cuore di quell’Europa nella quale la Turchia aspira ad entrare. Sarà perché ospita la più grande comunità turca del Vecchio continente, sarà perché Berlino si propone di guidare la politica migratoria europea, è proprio la Germania il primo bersaglio della furia censoria di Erdogan in versione sovranazionale.
La storia ha inizio il 17 marzo scorso, ma precipita in questi giorni. E ha al suo centro la satira, sempre più spesso nell’occhio del ciclone. In quella data l’emittente Ndr manda in onda nel suo magazine extra 3 una canzoncina sul Sultano che mette insieme la sua mania di grandezza, la repressione del dissenso, l’attacco alla libertà di stampa, l’ambigua gestione della guerra in Siria. Non manca, nel video, l’immagine di una misera tenda bianca, piantata nel bel mezzo di un deserto, con sovraimpresso il prezzo: 6 miliardi di euro, quanto Ankara esige per “sistemare” i profughi diretti in Europa, togliendo, in un modo o nell’altro, le castagne dal fuoco ad Angela Merkel. La canzoncina stile Walt Disney, della durata di due minuti, si intitola Erdowie, Erdowo, Erdogan, (Erdocome, Erdodove, Erdogan) e ha mandato su tutte le furie il governo turco. Il quale ha convocato l’ambasciatore tedesco ad Ankara Martin Erdmann (che già aveva irritato le autorità turche presenziando al processo contro i due giornalisti di Cumhuriyet accusati di spionaggio) perché trasmetta al suo governo la pretesa turca di censurare lo spot.
Sull’episodio Berlino mantiene un imbarazzato silenzio. E la cosa innervosisce parecchio la stampa tedesca che riferisce con grandissimo risalto l’intera faccenda. Il silenzio della Cancelleria induce immediatamente il sospetto che il governo tedesco si sia messo nella spiacevole condizione di farsi ricattare da Ankara, la quale già al vertice di Bruxelles aveva messo in chiaro come il suo intervento nella “crisi dei migranti” non sarebbe stato a basso costo e non solo in termini finanziari. Ma ora che vedono messe in questione le proprie prerogative i media insorgono all’unisono. E si chiedono quanto sia sensato affidarsi alla megalomania di un autocrate ossessionato dalla sua “lesa maestà” su una questione delicata come quella dei rifugiati, che si vorrebbero rispedire in un paese nel quale lo stato di diritto appare sempre più pericolante. Puntare tutto sull’accordo con la Turchia si sta rivelando un grande azzardo.
Certo, l’improntitudine di Erdogan è in questo caso talmente evidente da consentire a Berlino di cavarsela con qualche affermazione generica sulla tradizione liberale europea. Che, in ogni caso, non si è ancora ascoltata. Ma il segnale sulla natura poco presentabile dell’interlocutore turco, sull’imbarazzo o il cinismo del governo tedesco è arrivato forte e chiaro. Intanto la canzoncina imperversa sulla rete sospinta da quella stupidità del potere che della satira è da sempre il principale nutrimento.
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