La Freedom Flotilla invita il papa sulle navi per Gaza
Non è mai un caso che la Santa Sede proclami santi o beati provenienti da un Paese sul quale desidera porre l’attenzione. Lo è ancor meno quando il titolare del […]
Non è mai un caso che la Santa Sede proclami santi o beati provenienti da un Paese sul quale desidera porre l’attenzione. Lo è ancor meno quando il titolare del […]
Non è mai un caso che la Santa Sede proclami santi o beati provenienti da un Paese sul quale desidera porre l’attenzione. Lo è ancor meno quando il titolare del soglio petrino si chiama Bergoglio e le sante in questione (Maria Ghattas di Gerusalemme e Mariam Baouardy di Nazaret) sono le prime Palestinesi insignite di questo titolo, da quando parte della loro terra d’origine viene chiamata Territori Occupati Palestinesi.
Il papa venuto «quasi dalla fine del mondo», infatti, per la cerimonia di canonizzazione di domani, ha invitato a Roma il presidente palestinese Abu Mazen, mentre già oggi discuteranno di un trattato in virtù del quale, di fatto, il Vaticano riconosce lo Stato palestinese.
Sempre papa Francesco, nel suo primo viaggio in Terra Santa, ha voluto soffermarsi, fuori protocollo, a pregare sul muro di separazione costruito unilateralmente dal governo israeliano attorno alla Palestina occupata.
La preghiera silenziosa del papa, in quel contesto, ha la stessa valenza diplomatica di un discorso di un capo di Stato sul valore universale della Pace, e sicuramente maggiore incisività.
Nel frattempo lo stato occupante ha varato un nuovo governo; dalla debole maggioranza parlamentare, certo, ma, anche per ciò, più deciso del precedente a perpetuare il regime di illegalità riguardante i diritti palestinesi, condizione più volte sottolineata dalle risoluzioni delle Nazioni Unite. Quando il diritto non è rispettato dagli Stati, in mancanza di organismi super partes che perseguono attivamente la giustizia tra i popoli, è la solidarietà internazionale che deve farsi carico delle ingiustizie.
Di fronte alla spregiudicata miopia con cui vengono gestiti i conflitti regionali, spicca per lungimiranza il monito di chi vede una «terza guerra mondiale».
Non ci sorprenderemmo più di tanto se il prossimo segnale di papa Francesco fosse quello di salire a bordo della «Freedom Flotilla 3», la missione internazionale non violenta che si prefigge, il prossimo giugno, di superare dal mare l’illegale blocco che Israele impone da 9 anni alla Striscia di Gaza.
È un invito ufficiale.
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