Il fisico Carlo Rovelli dovrebbe iniziare a preoccuparsi. Se perderà la scommessa fatta l’anno scorso con il collega Jonathan Oppenheim dovrà consegnargli cinquemila pacchetti di patatine. Se non troverà un negozio abbastanza fornito potrà ripiegare su altrettante palline colorate o su vino, olio di oliva o aceto balsamico per un valore equivalente. La colpa è sua: come gli sbruffoni al bar ha accettato una quota altissima per dimostrare di avere ragione e ora rischia di essere smentito.
La scommessa verte su una questione di cui nei bar si discute poco ma che agita i dipartimenti di fisica teorica: la forza di gravità teorizzata da Albert Einstein e Isaac Newton può essere quantizzata? Rovelli pensa di sì, il suo rivale Oppenheim crede di no e ora forse ha trovato il modo di incassare la posta in gioco.

La diatriba dura da un secolo, riguarda i fondamenti della fisica e su un quotidiano si può spiegare solo in termini generali. Due delle tre interazioni fondamentali, la forza nucleare e l’elettromagnetismo, sono ben descritte dalla teoria quantistica, cioè come di particelle elementari (dette «fermioni») che si scambiano altre particelle («bosoni») in base a un comportamento casuale che a Einstein non è mai andato giù. L’altra forza regina, la gravità, invece appare elegantemente «classica»: presuppone uno spazio e un tempo misurabili con precisione e non assegna alcun ruolo al caso. Le equazioni di Einstein però mettono in corrispondenza lo spazio-tempo, regolare e deterministico, con l’energia, quantistica e casuale: un paradosso che sarebbe risolto da una versione quantistica della gravità, che però in cento anni di tentativi non è stata ancora trovata.
Oppenheim adesso ritiene di aver trovato la soluzione: in uno studio appena pubblicato sulla rivista Physical Review X presenta una nuova teoria secondo cui lo spazio-tempo sarebbe classico come immaginava Einstein, ma subirebbe fluttuazioni casuali. In uno studio parallelo su Nature Communication, con i suoi collaboratori propone un esperimento per verificare la teoria e fargli vincere le patatine.

Se qualche laboratorio sperimentale gli darà ragione, la nuova teoria spazzerebbe quelle concorrenti: la «gravità quantistica a loop», elaborata proprio da Rovelli, e la teoria delle stringhe di cui uno dei fautori, il fisico Geoff Penington, ha condiviso la scommessa contro Oppenheim (se va male, metà delle patatine le metterà lui). Non le spiegheremo qui: basti sapere che si tratta di teorie compatibili con le attuali conoscenze ma prive finora di verifica sperimentale.
Per chi, come Rovelli e Oppenheim, aspira a una teoria del tutto, l’irriducibilità tra fisica classica e quantistica è fastidiosa come un sassolino in una scarpa. Per buona parte della comunità scientifica invece non è un gran problema. Le forze quantistiche si applicano alla scala molecolare o atomica dove la gravità è trascurabile, mentre quest’ultima gioca in un altro campionato, quello dei movimenti delle galassie o dell’evoluzione dell’universo. Quindi non è detto che qualcuno trovi il tempo di stabilire quale sia la teoria giusta. La fisica fondamentale trova sempre meno interesse nell’accademia, rivolta a ricerche più spendibili sul mercato, e ha tempi incompatibili con i finanziamenti, i concorsi e la precarietà. Solo per valutare lo studio, Physical Review X ha impiegato due anni e mezzo. Non tutti possono permettersi attese così lunghe: ad esempio l’italiano Carlo Sparaciari, uno dei giovani co-autori di Oppenheim, nel frattempo ha abbandonato la carriera universitaria e ha ora lavora per un supermercato online. Se non altro, trovare le patatine non sarà un problema.