La flessibilità obbligata di una generazione «sempre reperibile»
Scaffale Nico ed Elsa sono una coppia che fa parte della generazione Z, quella costretta ad attraversare l’adolescenza mentre «i telegiornali non parlavano d’altro che di recessione e di assenza di futuro»
Scaffale Nico ed Elsa sono una coppia che fa parte della generazione Z, quella costretta ad attraversare l’adolescenza mentre «i telegiornali non parlavano d’altro che di recessione e di assenza di futuro»
Gli straordinari, il romanzo d’esordio di Edoardo Vitale (Mondadori, pp. 180, euro 18,50) ha il pregio indiscusso di narrare il tempo che viviamo. Ultimamente la narrativa italiana si concentra spesso su vicende ambientate all’inizio del ‘900, esattamente cento anni fa, per la gioia di chi si appassiona ai romanzi storici. La letteratura però sa anche illuminarci su dinamiche di potere, che altrimenti resterebbero silenti e proprio per questo, le storie che ci raccontano il mondo che ci circonda non possono che essere benvenute.
La contemporaneità di questo libro è particolarmente significativa anche perché Vitale è in grado di utilizzarne il linguaggio: ovunque nel testo si ritrovano espressioni che definiscono la realtà circostante, improntata a un uso in costante espansione della tecnologia. I protagonisti di questo romanzo lavorano in una società, «pANGEA», che si occupa di comunicazione, agiscono al centro del ciclone insomma.
SI CHIAMANO Nico ed Elsa, sono una coppia che convive, fanno parte della generazione Z, quella costretta ad attraversare l’adolescenza mentre «i telegiornali non parlavano d’altro che di recessione e di assenza di futuro e noi avevamo interiorizzato quella retorica smettendo di proiettarci troppo in là nel tempo». A dispetto delle previsioni catastrofiste, dopo la laurea partecipano entrambi a un colloquio per entrare in pANGEA. Vengono assunti e riescono a raggiungere nel tempo un ruolo apicale, grazie all’ideazione e alla gestione di una app per il benessere psico-fisico: «WeBreatheAgain».
pANGEA è uno dei castelli d’Atlante del sistema neoliberista: l’esempio davvero ben descritto di quei luoghi di lavoro in cui promettono agli impiegati, trattati quasi alla stregua di adepti, che contribuiranno alla costruzione di un mondo più giusto, un impiego per così dire equo e solidale.
pANGEA ha infatti un decalogo morale che ruota intorno ai comandamenti della sostenibilità, la fluidità di genere e il benessere individuale. Edoardo Vitale, con una prosa limpida ed elegante, racconta che la patina etica su cui si fondano queste cattedrali della menzogna è funzionale solo al guadagno: pANGEA vende alle altre aziende la possibilità di definirsi green, diversity friendly, inclusive. Lo fa sfruttando soprattutto le sue risorse junior a cui domanda un impegno sconfinato offrendo in cambio salari che non raggiugono i mille euro al mese.
Più in generale, chiunque lavori per pANGEA è costretto a vivere la propria esistenza in funzione delle esigenze aziendali. Vitale scrive: «la verità era che non ci si poteva mai fermare davvero. Non ricordavo un giorno senza una telefonata improvvisa di un cliente o una piccola emergenza da risolvere persino durante le festività. Convivevamo con la sensazione costante, da qualche parte nella testa, che ci fosse sempre qualcosa di irrisolto». È qui che la narrazione de Gli straordinari si apre a un’esperienza che non è propria solo alle agenzie di comunicazione che si professano a impatto zero, ma che pertiene più in generale al sistema del lavoro contemporaneo, che si definisce anche per il modo perverso in cui occupa tutti gli spazi dell’esistenza, grazie alla tecnologia, e rispetto al quale abbiamo bisogno di narrazioni a partire da un punto di vista lucido, come quello che si ritrova qui.
I TESTI CHE RACCONTANO l’epoca contemporanea possono, ed è il caso di questo romanzo, sconfinare nel futuro. Si può ipotizzare che la storia sia ambientata fra una manciata di anni. Per questo Vitale è in qualche modo costretto a posizionarsi rispetto al destino della nostra specie, a un immaginario che ormai è quasi sempre improntato alla distopia e riesce con maestria a scartare di lato, proponendo l’immagine di un’umanità che regredendo marcia in senso opposto alle «magnifiche sorti e progressive».
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