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La finta forza del Commissario Gentiloni

La finta forza del Commissario GentiloniPaolo Gentiloni con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – Ansa

Bruxelles I rigorisiti del Nord sono contrari: per Gentiloni balla la delega agli Affari economici, torna la Concorrenza dei tempi gialloverdi. L’ex premier ha incontrato ieri von der Leyen, che deciderà entro martedì

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 7 settembre 2019

Una foto su Instagram che lo ritrae insieme alla presidente della Commissione europea nell’ufficio di palazzo Charlemagne, a Bruxelles, di fronte alla foto della firma dei trattati di Roma in Campidoglio, anno 1957. E un commento scarno: «Al lavoro per una nuova stagione europea». Dall’incontro di ieri mattina fra Paolo Gentiloni e Ursula van der Leyen non è trapelato molto, tranne il «clima di grande amicizia». Con ogni probabilità perché ancora non c’è certezza sulla responsabilità che l’italiano andrà a ricoprire: la presidente non ha ancora deciso l’assetto finale del risiko degli incarichi. L’annuncio arriverà martedì prossimo.

LA SCELTA È DELICATA, l’equilibrio del parlamento europeo fragile. E così il clima trionfalistico che veniva sparso a larghe manate da Palazzo Chigi e dal Nazareno giovedì scorso, dopo la prima riunione del nuovo consiglio dei ministri che ha indicato Gentiloni come commissario per l’Italia, ora lascia spazio a qualche incertezza. Non è detto che il presidente del Pd si aggiudichi davvero la delega agli Affari economici, la più ’pesante’ dell’intera commissione. Quella ricoperta dal socialista francese Pierre Moscovici, ex falco poi ammorbiditosi nel finale di legislatura, soprattutto grazie alle minacce di rottura dei paesi sovranisti. In questa soft version era diventato padrino della corsa in Europa del ministro Roberto Gualtieri.

Le capitali rigoriste del Nord Europa non si fidano di affidare un compito così cruciale per le sempreverdi compatibilità economiche a un paese in perenne richiesta di flessibilità. A Berlino invece l’operazione non dispiace: è probabile che nella prossima stagione debba chiedere quella stessa flessibilità, e certo un commissario italiano con debito di gratitudine sarebbe il miglior interlocutore e alleato.

IN PIÙ IL FINANCIAL TIMES ieri sosteneva che all’Italia fosse destinata la Concorrenza. Altro portafoglio impegnativo, che Giuseppe Conte a luglio aveva chiesto per una personalità leghista: era il tempo dei gialloverdi, poco più di un mese fa. Senonché la stampa francese sostiene che la Concorrenza è nelle mire del presidente Emmanuel Macron che punta all’Antitrust europeo per una propria donna, la vice-governatrice della Banca Nazionale Sylvie Goulard, come segnale ostile verso Trump, dopo lo scontro dello scorso luglio sulla web tax proprio con Parigi. Roma potrebbe allora aggiudicarsi il Commercio.
Ma sono gli Affari economici che potrebbero regalare al Conte bis la migliore propaganda di recuperato ruolo in Europa. Sarebbe il premio ’simbolico’ a un governo che dopo aver evitato due volte – e sempre per un soffio – le procedure di infrazione per eccesso di debito, alla fine ha mandato a casa i minacciosi sovranisti. Un governo la cui principale forza politica, il Movimento 5 Stelle, ha ribaltato il suo atteggiamento verso la commissione, inviando a Bruxelles un esponente del Pd, ovvero della forza più compatibile con il vecchio corso delle larghe intese europee. Il nuovo corso più flessibile e meno rigorista è annunciato, ma tutto da verificare.

Che un governo così meriti un ’premio’ peraltro era scappato detto già ad alcuni commissari nei giorni scorsi. Per esempio all’uscente Guenther Oettinger, nel corso di un un’intervista radiofonica, all’indomani del reincarico a Conte: «Bruxelles è pronta a fare qualsiasi cosa per facilitare il lavoro del governo italiano quando entrerà in carica e per ricompensarlo». Parole poi derubricate alla voce gaffe, non nuova per il personaggio, ma che avevano dato nuova benzina alla tesi leghista secondo cui il nuovo governo di Roma sia «un complotto» di Bruxelles. Prima di Oettinger era scappata la frizione a Jean-Claude Juncker, presidente uscente della commissione, che aveva spiegato di voler condurre su Conte una «operazione Tsipras», ovvero la trasformazione di un euroscettico («burattino di Salvini» lo aveva definito in plenaria il liberale Guy Verhofstadt) in un fedele europeista. Altra affermazione che svela le intenzioni del suo autore. E cioè del più ostile interlocutore del premier greco ai tempi del Memorandum, salvo poi lo scorso gennaio recitare un pentimento, una volta piegato quel paese ai diktat dell’allora Troika: «L’austerità è stata avventata, la Ue è stata poco solidale con la Grecia».

IL PARALLELO FRA CONTE e Tsipras sarebbe più che lusinghiero per il premier italiano, imparagonabile al collega postcomunista greco per cultura politica e coraggio. Ma è chiaro che detta da Juncker la frase suona assai più sinistra.

Attorno al nome di Paolo Gentiloni c’è anche un risiko minore, tutto nostrano. Dopo le dimissioni da deputato, nel collegio Lazio 1 dove è stato eletto si svolgeranno le suppletive. Invece al posto di presidente del Pd, che presto dovrà lasciare, penserà il segretario Zingaretti. E sta pensando a una donna. In pole position l’ex ministra Roberta Pinotti, franceschiniana.

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