Alias Domenica

La figlia prediletta di Tolstoj racconta del padre

Memorie Saša seguì il padre nei suoi ultimi venticinque anni, fino all’epilogo nella stazioncina di Astapovo: tradotti dal francese i flash della «Vita» già editi nel 1933

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 4 maggio 2014

Nella ricchissima letteratura memorialistica dedicata a Tolstoj La vita con mio padre di Aleksandra (Saša) L’vovna Tolstaja occupa un posto del tutto particolare e la sua riproposta al lettore italiano (traduzione di André Pierre, Castelvecchi, pp. 480, euro 22,00), dopo la prima edizione ormai lontanissima nel tempo (da Corticelli nel 1933), costituisce perciò un vero e proprio evento. Certo, sarebbe potuta essere l’occasione per presentare a tutto tondo anche la biografia della figlia prediletta di Tolstoj, con una premessa più articolata di quanto non stia nell’aletta di copertina; per non parlare della scelta di tradurre il testo dall’edizione francese, senza corredarlo di note esplicative esaurienti (vengono riportate citazioni di famose romanze da versi di Puškin e Lermontov di cui il lettore non è informato, un celebre distico di Tjutcev dalla poesia Ultimo amore; curiosamente manca nel capitolo A Mosca il brano relativo all’invaghimento della giovane Saša per Boris Bugaev, il futuro autore di Pietroburgo Andrej Belyj, e così via).

Le memorie hanno un forte effetto evocativo, ricostruiscono con dovizia di particolari e con tanti dettagli fattuali e annotazioni psicologiche l’atmosfera della casa di Lev Tolstoj negli ultimi venticinque anni di vita dello scrittore. Lo sguardo della piccola bambina prima, quello della figlia adolescente poi, e dunque quello della collaboratrice letteraria, fino al tragico epilogo nella stazioncina di Astàpovo, dove Saša seguì il padre assistendolo fino all’ultimo, offrono al lettore una testimonianza unica, che scandaglia in profondità i sentimenti, i dissidi, le passioni, le delusioni del grande scrittore, di sua moglie Sof’ja Andreevna, e di molti altri familiari e importanti protagonisti della vita culturale del tempo (dal pittore Nikolaj Ge al musicista Sergej Taneev).

Note e ricordi sulla vita quotidiana della famiglia e sulla biografia intima dell’autrice si alternano ai momenti più significativi della biografia dell’ultimo Tolstoj, che il lettore può confrontare con le molte altre annotazioni memorialistiche tradotte anche in italiano sull’autore di Guerra e pace, intervallandosi alla descrizione psicologica e comportamentale dei familiari dello scrittore e dei suoi seguaci e collaboratori, e agli incontri con gli scrittori del tempo (di rilievo i ricordi sugli incontri in Crimea con Cechov, Gor’kij e Bal’mont). Ecco dunque i ritratti della njanja e delle istitutrici, il toccante capitolo su Vanecka, il fratellino minore che perì giovanissimo, la descrizione della vita e del lavoro dei campi con i contadini, i ritratti dei tanti visitatori, il vivace mondo dei bambini di Jasnaja Poljana, la descrizione degli zingari, l’amore per l’equitazione, le tante cure per la gestione degli affari domestici. Di grande impatto sono i capitoli dedicati alla fuga e alla morte del padre: a ricostruire quelle vicende è una fonte primaria, che si esercita per esempio nel racconto del viaggio al monastero di Šamordino, dove Tolstoj si recò per vedere la sorella Marija Nikolaevna, o della lettera dello scrittore morente ai figli Tat’jana e Sergej.

Figlia minore dello scrittore, Aleksandra L’vovna, nacque nel 1884, in uno dei momenti più drammatici della vita dei genitori, quando Lev Tolstoj, nella notte tra il 17 e il 18 giugno, presa la bisaccia, si apprestava a lasciare per sempre la famiglia e Jasnaja Poljana, per poi rinunciare alla fuga quando ebbe inizio il travaglio del parto. La piccola Saša ricevette un’educazione di alto livello, con istitutori e maestri privati, studiò le lingue straniere, fino a divenire ben presto aiutante del padre nell’ultimo decennio della vita di lui, prima ricopiando i suoi manoscritti e affiancandolo nella corrispondenza, poi come responsabile delle varie iniziative di sostegno al popolo intraprese dall’anziano scrittore. Creò infatti a Jasnaja Poljana un ambulatorio per i contadini, fu maestra presso la scuola locale. Nel suo testamento Tolstoj nominò la figlia erede e curatrice del suo retaggio letterario. In tutti questi anni Saša sostenne con coerenza le ragioni del padre nel dissidio familiare con la moglie e dunque fu proprio lei a venire messa al corrente dal padre del suo piano di fuga, previsto per la notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1910.

Il 30 ottobre Sof’ja raggiunse Tolstoj a Šamordino e gli rimase vicina fino alla morte nella stazione di Astàpovo. Si sarebbe poi impegnata nella esecuzione del testamento del padre, e avrebbe pubblicato un’edizione postuma delle opere: con i proventi riscattò la tenuta di Jasnaja Poljana per trasmettere ai contadini tutte le terre del possedimento, cosa che le provocò un aspro conflitto con la madre e il resto dei familiari. Allo scoppio della guerra, Aleksandra Tolstaja partì come crocerossina al fronte, prodigandosi nelle cure ai feriti e nell’aiuto ai tanti profughi. Vittima dei gas, dopo le cure Aleksandra tornò a Mosca nel dicembre del 1917 e riprese la sua attività di edizione delle opere del padre. Arrestata nel novembre 1919, fu liberata e nominata da Lunacarskij commissario-conservatore della tenuta di Jasnaja Poljana.

Di lì a poco fu nuovamente arrestata con l’accusa di essere membro dell’organizzazione controrivoluzionaria «Centro tattico» e condannata a tre anni di prigionia da scontare presso l’ex monastero Novospasskij di Mosca, da dove scrisse a Lenin: «Se sono dannosa per la Russia, esiliatemi all’estero, se fossi dannosa anche là, allora fucilatemi… Ma non obbligatemi a condurre una vita da parassita, prigioniera tra quattro mura con prostitute, ladre e delinquenti». Liberata con amnistia, Aleksandra L’vovna dopo la nazionalizzazione di Jsnaja Poljana fu nominata conservatrice del nuovo museo. Negli anni successivi riprese l’edizione delle opere del padre come redattore della nuova raccolta completa delle opere, prevista per il centenario dalla nascita nel 1928. E tuttavia la situazione andò deteriorandosi, specie per il divieto posto dalle autorità allo svolgimento, nella scuola di Jasnaja Poljana, dei programmi didattici ispirati all’insegnamento di Tolstoj.

Nell’ottobre del 1929 a Aleksandra L’vovna fu permesso di recarsi in Giappone per una serie di lezioni su Tolstoj. Decise di non tornare rinunciando alla cittadinanza sovietica, e nel 1931 si trasferì negli Stati Uniti dove rimase fino alla morte, nel 1979. Qui divenne un’attivissima propagandista dell’opera e del pensiero del padre sul quale tenne lezioni, scrisse articoli e testi memorialistici. Insieme a personalità dell’emigrazione russa, tra cui Sergej Rachmaninov, creò La Tolstoy Foundation della quale divenne direttrice, sviluppando un’ampia azione di beneficenza nel mondo, nonché di sostegno agli intellettuali russi dell’emigrazione, tra i quali Bunin, Remizov e molto più tardi Solzenicyn. Se all’estero Tolstaja continuò a pubblicare opere sul padre, in Unione sovietica il suo nome cadde in disgrazia, finché venne accusata di tradimento e spionaggio. La situazione mutò solo nel 1978, quando fu invitata a Mosca per i centocinquant’anni dalla nascita del padre; ma ormai inferma e malata, la figlia prediletta di Tolstoj non poté rivedere la patria lontana.

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