Cultura

La fiera ai tempi della crisi

Editoria La dodicesima edizione di «Più libri più liberi» riparte il 5 dicembre, al Palazzo dei Congressi dell'Eur. Manca liquidità ma gli espositori sono 374 e 300 gli appuntamenti

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 27 novembre 2013

 

Per la prima volta, da quando è nata la fiera Più libri più liberi si è costretti a registrare la sparizione di alcune case editrici indipendenti dal mercato. I piccoli e medi editori, però, quell’«esercito di fanteria», come l’ha definito il presidente dell’Associazione che li rappresenta Enrico Iacometti, trova le sue strategie di resistenza: a fronte di una contrazione di vendite (il 20%), di librai che non ci sono più al loro fianco ad appoggiare le loro scelte di qualità ma non di grandi numeri, di altre librerie storiche che scricchiolano e riducono l’offerta, hanno aumentato la produzione di titoli. Un rilancio, anche se il bilancio è pesante e la mancanza di liquidità ormai endemica. La crisi ha frustato tutti, ma il settore che confeziona e vende beni immateriali, come la cultura, la conoscenza, la fantasia, ha pagato un prezzo carissimo. E non c’è all’orizzonte ebook che tenga (negli Stati Uniti, dove il mercato digitale aveva conquistato negli ultimi anni una fetta del 25%, si sta precipitosamentetornando indietro).

 

In un’Italia che non legge – la metà dei suoi abitanti – e che si attesta nelle posizioni di coda delle classifiche europee, la Fiera nazionale della piccola e media editoria, che aprirà la sua XII/ma edizione il 5 dicembre per protrarsi fino all’8, è un’occasione unica di rigenerazione, di scambio fra le figure professionali che lavorano nel settore, di ossigeno (i libri si vendono durante la manifestazione). Deve però essere sostenuta, anche dalle istituzioni della città, con una programmazione trasparente. I soldi elargiti con il contagocce e nell’incertezza non aiutano.

 

Il presidente dell’Aie Marco Paolillo ha sciorinato i numeri: costata circa un milione e trecentomila euro, la fiera ha perso in tre anni il 30% dei contributi pubblici. Il ministero per i beni culturali è passato da un finanziamento di duecentomila euro a uno scarno sessantamila: «Roma deve assumersi la leadership del processo legato ai libri e alla lettura», ha incalzato il direttore della fiera, Fabio Del Giudice: insieme a Milano, la capitale è la città che detiene il record di presenze di case editrici indipendenti sul suo territorio.

 

L’ouverture del 2013 sarà affidata a Tahar Ben Jelloun, mentre fra gli ospiti figurano autori stranieri come l’irlandese Edna O’Brien, il drammaturgo di origini francoirlandesi Eric-Emmanuel Schmitt, la canadese Miriam Toews, il francese Jean Baptiste Malet (un bestseller su Amazon), il messicano Diego Enrique Osono (il libro-denuncia sui narcos), il danese Erling Jepsen e, fra gli italiani, Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Nanni Balestrini del Gruppo 63, Loris Campetti (Ilva Connection), Letizia Muratori, Francesco Piccolo, Sandra Petrignani, Zerocalcare.

 

Ma la Fiera non vuole rinchiudersi tra gli stand. Quest’anno ha prodotto un percorso «off» – coordinato da Silvia Barbagallo – ancora più imponente e capillare, dedicando una attenzione particolare ai lettori più giovani. La promessa per il futuro è di espandersi anche in quartieri periferici: questa volta, a fare da bussola, sono stati i luoghi dove «abitano» le case editrici romane. Coinvolti nella promozione della lettura tout court troviamo biblioteche, librerie, scuole e anche musei, come il Macro, il Maxxi, il Palaexpo (qui, un incontro in anteprima, il 30 novembre, con Roberto Innocenti e la sua Cappuccetto Rosso modernissima). Non manca, infine, la partecipazione di Eataly, con gustose cene letterarie. E i parrucchieri romani che hanno aderito all’iniziativa, faranno sparire le riviste di gossip, sostituendole con i libri dei piccoli e medi editori.

 

 

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