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La ferrovia locale muore sul binario unico. La lobby della «gomma» ringrazia

Il fatto della settimana Il bus sopprime l'ecologia del treno

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 7 febbraio 2019

Tra Pescara e Napoli i treni non corrono più, dopo la soppressione della tratta intermedia tra Sulmona e Carpinone. La stessa sorte potrebbe toccare anche al collegamento tra la città abruzzese e Roma: anche se la direttrice è percorsa da migliaia di pendolari, spiega il dossier di Legambiente «Non chiamateli rami secchi!», vede appena 3 treni diretti al giorno. «Oltre alla quantità il problema sta anche nella qualità dei convogli perché impiegano 3 ore e 22 minuti per effettuare un percorso di 240 km, contro un’offerta di pullman articolata e veloce».

IL PROBLEMA DELLA LENTEZZA, nel Paese dell’Alta velocità, è facilmente spiegato: «Dell’intero percorso solo 15,2 km sono a doppio binario, tutti nell’area metropolitana di Roma». C’è poi un problema sul lato dell’offerta: l’ultimo treno da Pescara a Roma parte alle 17:15, ma ci mette 6 ore con un cambio; sulla stessa direttrice i pullman diretti sono 14, e l’ultimo parte alle 19,30, impiegando 2 ore e 50 minuti per la Capitale. Come se non bastasse, in questi anni tutta l’attenzione è andata al trasporto su gomma, con contributi ai pullman e con progetti come quello «inutile, costoso e dannoso» di modifica del tracciato autostradale della A24 e A25, che farebbe risparmiare pochi minuti ma attraverserebbe zone Sic e riserve regionali di importanza strategica, rovinando paesaggi unici. E se la «cura del ferro» è la giustificazione addotta dal Movimento 5 Stelle di governo per sconfessare il Movimento 5 Stelle di lotta in piazza contro la Torino-Lione o il Terzo Valico tra Genova e la provincia di Alessandria, i numeri di Legambiente dovrebbero dettare una linea al governo gialloverde del cambiamento: dal 2000, infatti, oltre mille e seicento i chilometri di linee ferroviarie non sono più in funzione, con 1.332 chilometri e 427 stazioni cancellate e servizio sospeso in altri 356 chilometri. Scrive Legambiente: «Oggi sono in funzione poco meno di 19.400 km di linee ferroviarie mentre erano 23.200 nel 1942», cioè nel momento di massima estensione della rete, con una contrazione del 16,4%.

NEL 1951 L’ALLORA MINISTRO dell’industria e del Commercio, il democristiano Giuseppe Togni, aveva annunciato il suo impegno «per la vittoria della strada sulla rotaia». Più avanti, da ministro dei Lavori pubblici avrebbe dato impulso alla costruzione dell’Autostrada del Sole. Togni ha vinto: dal 2000, mentre si contraeva (malgrado l’Alta velocità) il numero di chilometri di rete ferroviaria, quella autostradale è aumentata di oltre 1.200 chilometri.

«CONTINUANDO A CANCELLARE LINEE ferroviarie aumenterà, invece di diminuire, la tendenza ad abbandonare le aree interne e i piccoli Comuni per trasferirsi nelle grandi città» sottolinea Legambiente, perché i residenti cercano soprattutto servizi, e un’offerta adeguata di trasporto pubblico locale è fondamentale per trattenere gli abitanti nei Comuni delle Alpi e della dorsale appenninica. A Roma, alla presentazione del rapporto Pendolaria, il 30 gennaio, è intervenuto Gianni Scarfone, amministratore delegato di TEB, Tramvie Elettriche Bergamasche. TEB da dieci anni gestisce la linea ferroviaria T1 dal capoluogo orobico ad Albino, in Valle Seriana. Una linea in funzione dalla fine dell’Ottocento agli anni Sessanta del secolo scorso, quindi abbandonata e smantellata, e riattivata nell’aprile del 2009. Appena 12,5 chilometri che hanno cambiato la vita a molti pendolari, tanto che il numero dei passeggeri è passato da 2,3 a 3,5 milioni all’anno, con una media di 10 mila al giorno. Il segreto del successo? «Percorso in sede protetta con doppio binario, semafori che favoriscono il tram negli incroci, parcheggi di scambio gratuiti, collegamenti con le linee di trasporto su gomma, un capolinea prossimo alla stazione ferroviaria di Bergamo, integrazione con il sistema delle piste ciclabili e la possibilità di portare la bici nei giorni festivi.

QUALCOSA DEL GENERE SUCCEDE anche a Sud, dove la linea di 21 chilometri tra Foggia e Lucera (la porta dei Monti Dauni) è stata riattivata nel 2009, dopo 42 anni di inattività. Tra i due centri ci sono 56 corse giornaliere, con orario cadenzato. Viene utilizzato materiale rotabile di ultima generazione. Ogni giorno sono circa 3mila i passeggeri che usufruiscono di questa linea, mentre lì accanto la Foggia-Manfredonia (36 chilometri) rischia la chiusura.

UNA LEGGE DEL 2017 HA CLASSIFICATO come «ad uso turistico» alcune delle tratte ferroviarie dismesse o sospese, ma quella delle ferrovie turistiche non è un’alternativa: il successo della Sulmona-Castel di Sangro, conosciuta come Transiberiana d’Italia, non cancella la chiusura del traffico agli utenti, il cui treno per Napoli – via Carpinone – non c’è più. «Si dovrebbe pensare a integrare servizio turistico e passeggeri» chiosa Legambiente.

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