Ci proveranno i giapponesi a svelare il segreto dei tardigradi. Koyuki Kondo, Akihiro Tanaka e Takekazu Kunieda dell’università di Tokyo hanno messo a punto un sistema per accendere e spegnere i geni di questi animaletti – invertebrati che proliferano nella fanghiglia, lunghi meno di un millimetro e con otto zampette – per scoprire il segreto della loro resistenza fuori dal comune.

Quella dei tardigradi con i super poteri sembra un prodotto della fantasia del maestro Miyazaki. Sono gli esseri viventi che meglio sopportano le condizioni estreme. Sopravvivono per qualche minuto a temperature bassissime, persino inferiori a quelle dello spazio (ma a duecento sottozero possono rimanerci per giorni). Sopportano una pressione sei volte superiore a quella della Fossa delle Marianne, l’abisso sepolto sotto undici chilometri di Oceano Pacifico dove invece è imploso il batiscafo Titan. Resistono a radiazioni ionizzanti centinaia di volte più intense di quelle che ammazzerebbero un essere umano. Tirano avanti per decenni senza acqua e cibo, disidratandosi fino al 99%. Gli scienziati studiano da anni i tardigradi per capire le basi biologiche di questa dote. Scoprirle potrebbe essere utile anche per la medicina umana: per esempio, per migliorare la conservazione degli organi da trapiantare, disidratandoli e reidratandoli al momento opportuno senza danni.

I ricercatori giapponesi nel 2016 avevano decrittato il dna del Ramazzottius varieornatus, una specie di tardigradi particolarmente dura a morire. Oggi, usando la tecnica detta Crispr, hanno trovato il modo modificare a piacimento i singoli segmenti. In questo modo si potranno mettere alla prova diverse versioni modificate di tardigrado per capire quali geni siano decisivi per la loro sopravvivenza, come già si fa con i topi di laboratorio. La scoperta è stata favorita da un’altra particolarità del Ramazzottius: è una specie interamente femminile che si riproduce per via asessuata. Dunque, è facile creare un’intera progenie geneticamente modificata a partire da un singolo individuo. Per saperne di più bisogna leggere lo studio pubblicato ieri dalla rivista Public library of sciences.

Come rivela il nome Ramazzottius, anche dietro la scoperta dei tardigradi – i primi – c’è una storia da favola. La denominazione proviene da Giuseppe «Eppe» Ramazzotti, figlio del produttore dell’amaro che divenne il simbolo della Milano craxiana e uomo di vastissimi interessi. Nella prefazione all’«Introduzione alla pipa», il saggio che Ramazzotti dedicò all’articolo da fumatori di cui era il massimo collezionista europeo, il cognato Dino Buzzati provò a elencarli tutti: «l’alpinismo, la collezione di flora alpina e di minerali, la collezione di francobolli, il gioco d’azzardo (presto abbandonato), la scienza delle costruzioni, il disegno naturalistico, la radio, la motocicletta, i regoli calcolatori, le penne stilografiche e a sfera, gli uccelli, rettili e anfibi vivi, gli esperimenti di chimica, l’entomologia, la fotografia (ripresa, sviluppo e stampa), la ripresa cinematografica a passo ridotto, i vini, lo spiritismo (tra credulità e incredulità), i microscopi e le lenti, i telescopi e i binocoli, le automobili, la barba (molto importante), l’enigmistica, i libri polizieschi, la topografia e i relativi strumenti, i Tardigradi e – appunto – le pipe».
Dopo una vita in cui fu alpino, imprenditore fallito, ingegnere pazzoide e accademico tardivo, Ramazzotti è scomparso nel 1986 a 88 anni di età e non ha fatto in tempo ad assistere ai progressi della genomica. Avrebbe trovato il tempo anche per quella.