Scuola

La «fase due» della «Buona Scuola» al via tra voci e incertezze

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Annunci Il governo presenterà un decreto e un disegno di legge il 28 febbraio. Dopo il flop della consultazione online Renzi annuncia il rinnovato impegno dell’esecutivo

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 7 gennaio 2015

Il governo emanerà un decreto e presenterà un disegno di legge per l’attuazione della riforma denominata «Buona scuola» il prossimo 28 febbraio. La data sembra essere quella definitiva perché è stata comunicata in un video-messaggio dal presidente del Consiglio Matteo Renzi a poche ore dalla fine delle vacanze natalizie. All’origine i provvedimenti dovevano essere presentati in questi giorni,. Poi il termine è progressivamente slittato. Prima al 22 febbraio (Renzi aveva scandito: «Segnatevi la data»). Il problema è che il 22 febbraio è domenica. Un giorno improbabile per organizzare un consiglio dei ministri dove, di solito, si varano decreti o disegni di legge. Spulciando l’agenda, allora è spuntato il sabato successivo dove è presumibile che verrà convocata una riunione dei ministri.

Non si escludono altre sorprese e la consueta appendice fatta di indiscrezioni, marce indietro, ritrattazioni. Cioè, la normale amministrazione per un esecutivo che mostra uno stato confusionale sin dall’estate scorsa, quando l’allora sottosegretario all’istruzione Roberto Reggi, l’ex sindaco di Piacenza ora promosso all’agenzia del Demanio, rilasciò ad un noto quotidiano un’intervista che fu costretto a smentire poche ore dopo.

Da allora nessuno dei nodi della scuola è stato sciolto: la carriera dei docenti, il loro status giuridico, il blocco dei contratti. In compenso è stata decisa l’assunzione di 148 mila insegnanti precari, ma non del personale Ata, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae). I primi 900 milioni di euro sono stati messi nella legge di stabilità. Ci sono altri 3,7 miliardi di euro. Ma anche su questo punto sembra che ci siano scuole di pensiero diverse nel governo e nella maggioranza. Sono indiscrezioni che lasciano il tempo che trovano, ma sembra che a qualcuno nel palazzo non sia sfuggito l’esclusione di circa circa 100 mila precari, aventi titolo, ma inseriti nelle graduatorie di istituto (Gi). Ne è nato il turbine di nuove voci che vorrebbero l’assunzione di 100 mila precari dalle Gae e 48 mila dalle Gi. Se così fosse, i canali del reclutamento diventerebbe addirittura tre. Al momento, chi resterà fuori, anche se con anni di insegnamento alle spalle, dovrà sperare di superare un nuovo concorso a cattedra.

Il 28 febbraio dovrebbe dunque scattare la «fase due» di una riforma che il presidente del Consiglio concepisce come «la più grande consultazione dal basso mai effettuata in Europa». Con questo linguaggio enfatico Renzi allude in realtà al flop della consultazione online sulla «Buona scuola» alla quale vale la pena di ricordarlo hanno partecipato solo 10.500 studenti, vale a dire il 5,15% del totale. Una consultazione che certo non ha brillato né per trasparenza, né per democrazia dato che si chiedeva al pubblico di esprimersi su domande preconfezionate dall’alto. Ma un dato è emerso con chiarezza.

Il mondo della scuola ha bocciato Renzi e le sue velleità «meritocratiche» sulla carriera degli insegnanti. Questo «merito» era, in realtà, un mero arbitrio deciso dal governo che premiava solo il 66% dei docenti capaci di cumulare crediti didattici, formativi legati agli incarichi e alla loro capacità di essere più «produttivi» dei colleghi. Una proposta indecente respinta insieme a quella che dovrebbe costringere i docenti «migliori» a spostarsi nelle scuole «a rendimento più basso» per continuare ad avere gli aumenti di stipendio. La maggioranza si è espressa a favore di una progressione di carriera basata su un mix di anzianità e lavoro. Il risultato della consultazione è talmente vago che in queste ore sta producendo una serie di anticipazioni aberranti che non tarderanno a riaccendere gli animi. Sembra infatti che, a dispetto del risultato chiaro della consultazione voluta dal governo, gli aumenti degli stipendi varranno solo per il 20% dagli «scatti di anzianità» e per l’80% da quelli di «merito». Su questo punto il governo è in difficoltà. E manca ancora un mese e mezzo alla nuova scadenza.

Dalla nebulosa creata dall’esecutivo brillano altre stelle minacciose. In particolare quella sull’«anno di prova» a cui saranno sottoposti i docenti neoassunti. Una condizione prevista per legge che tuttavia verrà funestata dal chiaro intento della politica di sottoporli ad una «certificazione» delle competenze informatiche e linguistiche.

Docenti con esperienza pluriennale, con una o più abilitazioni, e una montagna di titoli, dovranno sottoporsi ad una «valutazione». E così’ per tutta la vita.

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