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La fabbrica velenosa di Trissino è insolubile. Greenpeace: «Chi paga i danni?»

La fabbrica velenosa di Trissino è insolubile. Greenpeace: «Chi paga i danni?»

Miteni Spa In passivo da oltre dieci anni. Potrebbe coprire risarcimenti solo per 6,5 milioni di euro. Ma il rifacimento degli acquedotti costa 200 milione

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 23 settembre 2017

Un’analisi documentata e la conclusione disarmante: «Miteni Spa ha chiuso i suoi bilanci in passivo negli ultimi dieci anni. Guardando al bilancio 2016, le risorse finanziarie con cui potrebbe far fronte ad eventuali risarcimenti erano pari ad appena 6,5 milioni di euro. Una cifra modesta se paragonata con i soli costi per il rifacimento degli acquedotti che la Regione Veneto stima in 200 milioni di euro».

Greenpeace sul “caso Pfas” però non molla. A marzo aveva pubblicato il rapporto con i risultati del campionamento delle acque, riscontrando a Valdagno 82,7 ng/l di Pfas (acido perfluoroottansolfonico, sostanza comunemente usata per l’impermeabilizzazione di tessuti e superfici) che a Trissino erano addirittura 931,1. E ora offre altre 26 pagine, corredate da 5 tabelle e un apparato di riferimenti dettagliati, del nuovo rapporto focalizzato su chi è chiamato a rispondere in solido dell’inquinamento.

«Dal 2009, Miteni fa parte del gruppo Icig a sua volta controllato dalla holding lussemburghese ICI SE che, a fine 2016, aveva in cassa più di 238 milioni», si legge nella verifica effettuata da Somo, il centro di ricerca olandese specializzato nelle multinazionali. E l’impianto di Trissino rappresenta l’ultimo anello della catena, che da Ici Italia 3 Holding Srl risale alla società tedesca International Chemical Investors SE a sua volta controllata al 50% ciascuna dalla svizzera PE Investors Ltd e dalla tedesca Acsuri Gmbh.

Si tratta, dunque, di un’architettura societaria con circa 6 mila dipendenti e un fatturato annuo di oltre 2 miliardi di euro. Icig significa 91 “filiali” dalla Russia all’Irlanda, per lo più concentrate in Germania (41) e Italia (10). Più l’appendice nell’immancabile Lussemburgo e la “succursale” registrata nel paradiso fiscale del Delaware (Usa).

Icig è già alle prese con controversie. Le sue centrali a carbone di Griesheim e Fechenheim in Germania hanno innescato proteste per l’inquinamento, mentre incidenti con sostanze chimiche si sono registrati nel 2015 e 2016 a Griesheim. E nel 2008 a Cork (Irlanda) un’esplosione ha causato la morte di un dipendente e il ferimento di un altro: multa di 300 mila euro per violazione delle norme di sicurezza.
Greenpeace insiste sul fronte italiano: «L’attuale proprietà Miteni ha più volte sostenuto di non essere responsabile dell’inquinamento, riconducendolo alle precedenti gestioni, e di non essere a conoscenza dei gravi rischi ambientali connessi al sito di Trissino prima di procedere all’acquisto. Tuttavia la vendita della società da parte di Mitsubishi a Icig per solo 1 euro, a fronte di un valore superiore ai 33 milioni, e la continuità di cariche di Brian Anthony McGlynn nelle due gestioni, pongono dei seri interrogativi sulla possibilità che l’attuale proprietà non sapesse della contaminazione».

Infine, un altro aspetto sintomatico: «Nel bilancio 2009, già durante la gestione Icig, Miteni fa riferimento all’implementazione di una barriera idraulica, “secondo i programmi concordati con le autorità locali”. È una delle tecniche di bonifica più comuni in siti inquinati dove la contaminazione può interessare direttamente le falde acquifere. Sulla base di quali dati ambientali le autorità locali hanno chiesto di migliorare la barriera idraulica già attiva dal 2005? Eppure varie autorità locali sostengono di essere state informate del “rischio Pfas” solo nel 2013», evidenzia Greenpeace.

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