La dura guerra della risata
Satira Ai tempi del sovranismo e dei sociali, i comici cercano nuove strade e linguaggi
Satira Ai tempi del sovranismo e dei sociali, i comici cercano nuove strade e linguaggi
C’è qualcosa di forza nuova oggi nel sole, anzi di antico. Il governo Meloni 2022 ha assonanze con il Berlusconi 2008 e con un passato politico ancora più remoto. Urso, Calderoli, La Russa, Musumeci, Fitto, Bernini, tornano doppioni da album delle figurine agli sgoccioli, eppure lo scenario è differente e per certi versi ancora più sinistro e straniante. Come le figure a un tempo familiari ed estranee negli incubi. Come si può fare satira politica?
Lo scenario attuale offre materiale così già ben impacchettato da risultare poco stimolante, a partire dall’onomastica dei dicasteri, dei ministri che si chiamano Ignazio Benito e hanno la Russia nel cognome e i busti del Duce sulle mensole, dei viceministri Galeazzi già con svastiche al braccio. Le grinte, le ghigne e i musi sono così marcate da essere già caricature pronte per i carri di carnevale. C’è un comico marchigiano, Piero Massimo Macchini, che contrappone al parlare in corsivo la parlata in grassetto. Qualcosa di simile accade anche al linguaggio di personaggi politici che se non sono evanescenti sono calcati, in grassetto appunto. Nei social si trovano battute sagaci, ci sono le vignette di Makkox, i messaggi elettorali (presi per veri) del collettivo del Terzo Segreto di Satira. Negli anni novanta i ragazzi alle prese col primo Berlusconi hanno trovato antidoti nel teatro milanese, nelle stagioni televisive da Avanzi a Pippo Kennedy, dentro le pagine di Cuore e della Smemoranda dove crescevano autori e attori poi diventati molto popolari, e adesso? Che fare?
LO ABBIAMO chiesto a Paolo Rossi che certe mostruosità le ha viste con la veggenza dei comici prima che esplodessero e poi le ha raccontate a lungo, spesso in sodalizio con Lucia Vasini e Giampiero Solari che nell’epoca d’oro della satira lo ha diretto e con lui ha scritto molti lavori.
«Fare l’imitazione di un imitatore è missione impossibile. Per me la soluzione è partire dal basso, andare tra la gente? Cos’è più politico? Fare un bel monologo su un tema importante come le periferie, in un bel teatro con un bel cachet oppure fare un bello spettacolo nelle periferie, e magari raccontare storie facendo sano intrattenimento? In questo momento ci stiamo sentendo molto con attori e autori di quel periodo di fermento satirico, con chi faceva teatro di satira e teatro civile, ci confrontiamo su questi temi. In Andalusia dicono a proposito della Storia «es la misma pero non es igual». E la storia ora è diversa da prima perché non c’è più un potere o un padrone preciso bersaglio dei nostri lazzi. Il lavoro buffonesco se lo stanno autogestendo. In questo sistema neo liberista l’essere umano è allo stesso tempo padrone e schiavo, quella che è in atto è quasi una guerra psichica. Se Goldoni dovesse riscrivere Arlecchino servitore di due padroni scriverebbe Arlecchino servitore di sé stesso. Importante è restare lucidi, riuscire a giocare a senso inverso, a immaginarsi il passato per ricordarsi il futuro. Che fare? La risposta è fare. Prenderci meno sul serio ma riflettere più seriamente. Mantenendo un minimo di coerenza, questo personalmente tento, tra quello che diciamo su un palco e il modo in cui viviamo durante la giornata».
Ai tempi di Avanzi con il gruppo dei Broncoviz esordiva in tv Maurizio Crozza che, per primo, ha affrontato il personaggio Meloni cogliendone le contraddizioni, al di là di tic facciali e linguistici e delle granitiche certezze, e ha rappresentato Giorgia Meloni che vuol fare Draghi, perché è la messa a fuoco del conflitto interiore dei personaggi ad animare la satira. Così ha spiegato Andrea Zalone che di Fratelli di Crozza (e non solo) è uno degli autori e ideatori e con Maurizio Crozza è l’unico in scena (è la voce dialogante col conduttore), e a sua volta è attore, e doppiatore.
«LAVORIAMO da anni e ne abbiamo viste tante, dal berlusconismo ai governi tecnici, ma è difficile ricordare un momento simile a questo. Certo, la vittoria di Berlusconi nel 94 è stata una svolta epocale, ma è difficile fare un paragone. Oggi siamo sorpresi perché ha vinto una destra, ed è forte dopo anni di governi tecnici e grandi alleanze. E se ora abbiamo una destra, io non ricordo di aver avuto una sinistra, un governo che nei primi cento giorni abbia dato un reale imprinting di sinistra. Questi qui in una settimana hanno fatto ben capire da che parte stanno. Provo quasi un po’ di invidia. Questi politici sono dritti, lineari, non hanno conflitti, a differenza di molti di sinistra che si dichiarano tali ma non riescono ad esserlo. Il famoso abbraccio caldo del liberismo della Cirinnà li rende conflittuali. Con i personaggi più coerenti il lavoro è più difficile, si rischia di fare una parodia più didascalica. Nostro compito è cercare di tirare fuori una verità. Con la sua Meloni Crozza, ormai un mese e mezzo fa, ha intuito in lei questa ’componente Draghi’ venuta fuori una volta arrivata a Palazzo Chigi. Sono aspetti che si colgono dopo giornate passate a scavare l’attualità e i suoi protagonisti, un’operazione necessaria se non ci si vuole limitare a un esercizio più macchiettistico. Ovviamente c’è bisogno anche di comicità leggera ma per quel che mi riguarda considero la parte interessate del mio lavoro questo sforzo ad andare più a fondo».
Oggi siamo sorpresi perché ha vinto una destra, ed è forte dopo anni di governi tecnici e grandi alleanze. E se ora abbiamo una destra, io non ricordo di aver avuto una sinistra
LA COPERTINA di Di Martedì, che è stata anche di Crozza, oggi è affidata ad altri genovesi: Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, che hanno acume, ritmo e lungimiranza. Dal discorso di Giorgia Meloni alla convention di Milano di Fratelli D’Italia lo scorso aprile avevano individuato le parole chiave: tutte con la ‘M ’ che ha sempre vigilato sui diritti.
«Negli anni abbiamo fatto passi da gigante: l’eutanasia (che è vietata), il matrimonio gay (che non c’è), l’adozione dei single (che non c’è). Però adesso sta combattendo una grande battaglia sui diritti: ’il’ presidente di Giorgia Meloni». Come anche Crozza, Luca e Paolo vantano un repertorio di parodie di canzoni molto divertente: il Fascista e il Troglodita (duetto tra la Russa e Fontana) l’uno, l’Avvelenata di Mattarella gli altri, per citarne un paio. Sulle canzoni e la trasformazione nell’oggetto di satira basa la sua fortuna lo sloveno Klemen Slakonja, che ha interpretato Trump, Merkel e Papa Francesco ma è noto soprattutto per aver spopolato nel 2016 con l’attualissima Putin Putout dove da prova oltre che attoriale e ginnica anche di notevole abilità ludolinguistica.
Per restare dalle parti di Russia e Ucraina: attore satirico è stato anche Zelensky che tra il 2015 e il 2019 ha interpretato nella serie Servitore del popolo (di cui è anche ideatore e sceneggiatore) il ruolo di un insegnante che grazie a un video divenuto virale finisce con essere eletto Presidente della Repubblica Ucraina, cosa che è accaduta poi notoriamente anche a lui dando vita a una trama che sembra scritta a quattro mani da Luigi Pirandello e Matt Groening. La serie in Italia è stata trasmessa su La7 e poi è sbarcata su Netflix. La voce a tratti roca di Zelensky è doppiata in italiano da Luca Bizzarri.
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