Là dove c’era il cemento c’è un orto magnifico
Il cemento e l’asfalto in Italia avanzano inesorabili seppellendo campi, boschi, orti e prati. Continuiamo a consumare suolo. Gli appelli in difesa della terra restano lettera morta. E invece, può […]
Il cemento e l’asfalto in Italia avanzano inesorabili seppellendo campi, boschi, orti e prati. Continuiamo a consumare suolo. Gli appelli in difesa della terra restano lettera morta. E invece, può […]
Il cemento e l’asfalto in Italia avanzano inesorabili seppellendo campi, boschi, orti e prati. Continuiamo a consumare suolo. Gli appelli in difesa della terra restano lettera morta. E invece, può capitare, caso raro, che accada il contrario ed è una notizia da dare. Capita che là dove c’era il cemento ed un parcheggio tutto d’asfalto ora ci sia un magnifico orto. E che orto! Capita se l’acquirente di quella palazzina, la classica palazzina anni Sessanta, sia un innamorato della terra ed ecologista di vecchia data.
Siamo nelle Marche, nel territorio del comune di Recanati, quella Recanati nota al mondo per Giacomo Leopardi. A Monte Fiore, fin dal Quattrocento, sorgeva una robusta fortezza che difendeva la città dalla rivale Osimo. Ne resta una torre, dove abita il dottor Fausto Maggiori con sua moglie Elide Moro.
Si tratta di un posto incantevole – «d’insu la vetta de la torre antica» sono versi che Leopardi avrebbe potuto scrivere da questo luogo – dove due appassionati di coltivazioni si sono ritrovati confinanti con una palazzina lesionata dal recente sisma nelle vicinanze. Acquistarla, per fortuna il prezzo era sceso in seguito a quelle lesioni, e demolirla è stata questione di tre anni di lavoro. Contro tutte le facili previsioni del vicinato certo di un uso speculativo di quel terreno – “una villetta, una piscina, un poliambulatorio…” – l’immobile invece è stato demolito per ripristinare il verde. Caso molto raro in Italia. Quella palazzina faceva ombra alle coltivazioni e se fosse capitata tra le grinfie di qualcun altro, certamente il rischio di rinnovata cementificazione sarebbe stato alto. Acquistata e demolita. Adesso, vista dall’alto, quella bella area coltivata con il metodo dell’agricoltura sinergica, assomiglia ad una farfalla. Leggerezza di fiori frammisti a ortaggi, i bancali con la paglia sopraelevati, gli ortaggi, il trifoglio, i fagioli e i piselli che si arrampicano con i cetrioli. La sensazione è esattamente quella della leggerezza. Le forme curvilinee, la sinuosità dei sentieri anziché il quadrato e ruvido cemento.
Ci racconta il dottor Maggiori che, in accordo con tutta la famiglia, ha voluto questa operazione edilizia al contrario e che da sempre desiderava tornare a vivere in quei luoghi e che non ha voluto di proposito compiere nessun atto eclatante. Di fatto, questo lo è.
Un esempio di lungimiranza e di vittoria della ragione della bellezza e del cuore sul profitto. Se in Italia si abbassasse l’IVA che sulle demolizioni è al 22% anche se non si ha intenzione di riedificare alcunché, magari altri sarebbero incentivati a recuperare suolo.
Se qualcuno si chiedesse se è possibile ripristinare anche la fertilità laddove era cemento, la risposta è sì. E’ possibile. Se si adottano pratiche come l’agricoltura sinergica, se si ascoltano le ragioni del suolo, dei suoi organismi, se si vuole coltivare in armonia con la terra, certo che si può. Questo di Monte Fiore è un esempio virtuoso. Potesse essere seguito da altri singoli cittadini e soprattutto da enti e comuni – pensiamo alle migliaia di ettari cementificati in occasione di Expo che potrebbero essere restituiti alla terra – questo sarebbe un buon passo. Un passo verso il ritorno a una visione meno antropocentrica e un deciso stop al consumo di suolo.
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