Quello che molti hanno definito «l’anno Pasolini», ovvero il quarantennale della sua morte violenta, si conclude proprio in questi giorni. E forse, dopo tanta dovizia di esternazioni e schieramenti al riguardo, è un bene. Alcuni hanno passato tutto il periodo della ricorrenza a ripetere il loro rifiuto per lo scrittore, e quindi per ogni tipo di «celebrazione». Ma la grande maggioranza ha tacitamente accettato una sorta di improvvida «beatificazione», adeguandosi a rimpiangere la sua mancanza, o al massimo attribuendogli una sorta di potere divinatorio, che gli aveva fatto vedere in anticipo gli orrori verso i quali ci stavamo dirigendo. Pochi...