La diversità irriducibile di Kurt Cobain
Note sparse Esce la traduzione italiana della biografia del volume che Charles R. Cross gli ha dedicato nel 2001 ora proposta con il titolo di "Più pesante del cielo" (Il Saggiatore)
Note sparse Esce la traduzione italiana della biografia del volume che Charles R. Cross gli ha dedicato nel 2001 ora proposta con il titolo di "Più pesante del cielo" (Il Saggiatore)
Seppur associato a quel folto e disperato gruppo definito un po’ cinicamente Club of 27 che associa al suo interno figure come Jimmy Hendrix, Jim Morrison, Jean-Michel Basquiat e Janis Joplin, Kurt Cobain sembra rivelare una diversità irriducibile e non assimilabile. La vicenda di Kurt Cobain si intreccia evidentemente con la storia del rock e con quella di molti altri artisti, ma porta dentro di sé le stigmate di una generazione a cui Cubain più che rappresentare appartenne nei suoi sentimenti più radicali e intimi, nelle sue pulsioni più drammaticamente depressive e romantiche. La colta e analitica biografia che Charles R. Cross gli ha dedicato nel 2001 è ora proposta con il titolo di Più pesante del cielo (Il Saggiatore per la bella traduzione di Giancarlo Carlotti) che solo in parte risolve la leggerezza grunge del titolo originale (Heavier Then Heaven), ma che permette di accedere alla vita e alla poetica di uno dei più grandi interpreti della nostra società e delle sue contraddizioni.
CROSS PROVA così a fare i conti non con il mito, ma con l’anima di un uomo complesso e capace d contenere dentro di sé una moltitudine che si sarebbe poi espressa anche dopo la sua morte in quel movimento che Fabrizio De André seppe definire meravigliosamente come ostinato e contrario. Un movimento che sarebbe stato nostalgico e politico, radicale e precario, poetico e per questo duramente violato e percosso. La parabola di Cobain è rapidissima, nemmeno mille sono i giorni che lo vedono calcare con successo le scene e in quei mille giorni più che un’autodistruzione si compie una lunga e inerte discesa, una drammatica introflessione fino a dare forma plastica di una fragilità che non può e non dovrebbe mai essere negata. Cobain con i Nirvana diede voce a tutto ciò che è indicibile e lo fece partendo da un punto di vista dichiaratamente e volutamente minimo e appartato fino a trasformarlo in una cassa di risonanza globale. Liberò un rock ormai da decenni istituzionalizzato senza accettarne le inevitabili briglie che sarebbero poi arrivate. Non risolse una contraddizione, ma la rivelò. In questo fiammeggiare rapido e intenso i suoi scritti e la sua musica restano più di una morte violenta. Resta un uomo fragile che vince sulla sua stessa mitologia vivendo anche nella morte di una tenerezza che fu rivoluzionaria e accogliente, andando oltre i fans e il pubblico, come un lontano e indimenticabile compagno di viaggio.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento