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La dittatura è contro i brutti

La dittatura è contro i bruttiVenere italica – Palazzo Pitti

Romanzi "Il ministero della bellezza" di Marco Lazzarotto, edito da Indiana

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 14 maggio 2013

Il ministero della bellezza (Indiana, pp. 280, euro 17,50) di Marco Lazzarotto è una distopia in minore. Il romanzo, seconda prova dell’autore torinese, narra le vicende di un’Italia contemporanea con un’unica differenza: l’istaurazione da parte di un fantomatico parrucchiere cieco, Dominic Ardemagni, passato nel giro di pochi anni da personaggio della rete, ospite dei talk show, a ministro del governo, del dicastero della Bellezza. L’uomo darà vita a una vera e propria dittatura, altrimenti detta Callistocrazia.
In un’Italia dove «ogni cosa deve essere bella», vive Matteo Labrozzo, giovane scrittore alle prese con il suo secondo romanzo. Il primo è stato un discreto successo, niente di travolgente o che abbia cambiato la vita di Matteo, ma sufficiente a fargli scegliere il suo mestiere.
Il problema è che Labrozzo non è brutto, ma non è neppure bello. È molto alto, con un po’ di pancia, una ampia stempiatura da calvizie incipiente. Oltre a questo, veste in maniera trasandata e ha poca cura della sua persona. Tutti comportamenti che nel mondo dominato dalla bellezza sono vicini ad essere perseguiti come reato. Matteo Lobrozzo vive con Lisa, la sua fidanzata che, come lui condivide questo atteggiamento naïf, quasi non curandosi della sua bellezza, ma che poi nel proseguire delle vicende diverrà motivo di tensione con il suo compagno.
Ogni cosa sembra cospirare conto Lobrozzo. Così, per il lancio del suo secondo romanzo decide di sfidare il sistema: prima di tutto autoproducendosi (i libri, nell’Italia callistocratica, vengono pubblicati solo da autori belli); poi, andando in giro per i piccoli paesi e nelle librerie di provincia, e infine quando la sua battaglia sembra persa, assumendo un suo doppio «piacente», che possa sostituirlo nelle presentazioni.
Non sveliamo altro per non rovinare la lettura, ma quello che ci interessa sottolineare è il ruolo parodico e di rovesciamento che un valore come la bellezza assume nel romanzo. Una cosa bella, diceva Keats, è una gioia per sempre. Questo sembra l’assunto da cui parte la campagna del ministero della Bellezza; ma, come sempre accade nei regimi, quando l’ideale da mezzo si perverte in fine genera mostri.

Nel racconto di Lazzarotto troviamo una serie di ritratti di quella che è la nostra Italia attuale: l’Italia delle veline, delle Olgettine, dei talent, dei Grandi fratelli; l’Italia dei gossippari e delle riviste di moda. Il ministero della Bellezza è una riflessione amara su questi nostri ultimi venti anni di vita e società, il progressivo degenerarsi di valori, che diventano poco alla volta semplici stilemi a cui accordarsi.

Proprio per questo motivo, si può parlare di distopia in minore per definire il sottogenere di questo romanzo che, in parte, ricorda le prime prove narrative di Tulio Avloedo (L’elenco telefonico di Atlantide o Lo stato dell’Unione). Lazzarotto, infatti, descrive l’Italia attuale solo leggermente differita rispetto al tempo presente. Sono proprio queste le pagine in cui il libro dà il meglio di sé, in cui si sente una forte ispirazione civile e morale, venata da malinconia e leggerezza; né è un esempio il momento in cui viene istituita una ztl in cui sono ammessi a camminare per le vie del centro solo le persone belle e la selezione viene fatta dai tipici buttafuori da discoteca.

La scena del protagonista che viene costretto a separarsi dalla ragazza che ama, perché lui è brutto e lei bella, è costruita con molta grazia. Il romanzo «perde» invece nella parte legata alla riflessione metanarrativa, quando il tema della bellezza e della sua dittatura viene lasciato in secondo piano e Lazzarotto riflette sul «farsi del suo secondo romanzo». Gli indizi, in questo caso, sono chiarissimi, il protagonista è quasi un omonimo dell’autore, entrambi sono al secondo romanzo. Tutto ciò, suona all’orecchio di chi legge come qualcosa di già sentito e quindi meno interessante.
Il Ministero della Bellezza rimane comunque un libro da leggere proprio per il suo sguardo nuovo, ironico ma severo, sullo stato attuale di questo nostro Belpaese.

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