Politica

La difesa di Palamara: «Il sistema delle correnti è a un punto di non ritorno»

La difesa di Palamara: «Il sistema delle correnti è a un punto di non ritorno»Il pm romano Luca Palamara

L’ex presidente dell’Anm anticipa, a Radio Radicale, la linea difensiva di martedì 21 luglio quando sarà giudicato dalla sezione disciplinare del Csm

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 19 luglio 2020

«C’è un sistema di proprietà all’interno della magistratura, le correnti sono proprietarie della magistratura. È un sistema superato? È un sistema che indubbiamente penalizza chi è esterno». Ora però «le vicende che sono emerse, che vedo con dolore legate al mio nome, hanno segnato un punto di non ritorno» per quel sistema. L’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara, intervistato ieri da Radio Radicale, anticipa così la sua linea difensiva dell’udienza di martedì prossimo, 21 luglio, quando davanti alla sezione disciplinare del Csm dovrà rispondere alle accuse di aver tentato di condizionare le nomine di importanti vertici giudiziari e di aver pianificato una strategia per screditare alcuni magistrati come l’ex procuratore capo di Roma Pignatone.

È una linea difensiva, quella dell’ex togato del Csm, che trova porte sfondate ovunque ormai: tutta colpa delle correnti. «Non è mio intendimento fare “muoia Sansone con tutti i Filistei” – chiarisce – ma piuttosto un ragionamento serio e approfondito di come il potere delle correnti abbia influenzato non solo la magistratura ma la vita politica del Paese». Eppure, come ha scritto Livio Pepino qualche settimana fa su queste colonne, «i riferimenti non sono più, da tempo, le correnti ma gli esponenti più forti e potenti di un indifferenziato “correntone” nel quale le idee e le impostazioni culturali non contano più nulla».

Palamara invece intende contestare le interferenze attribuitegli perché, dice, «non sono tali, avendo parte fatto parte di un sistema, quello delle correnti, che a torto o a ragione caratterizza l’organizzazione interna alla magistratura». A questo fine, l’esponente di Unicost, che ha già anticipato di non avere alcuna intenzione di lasciare la magistratura, ha proposto alla sezione disciplinare del Csm una lista di 133 testimoni al fine di «dimostrare che i fatti di cui sono incolpato non si sono verificati». Una tale mole di testi, «funzionali a esplicare il mio sacrosanto diritto alla difesa», oltre alla (legittima) strategia di intralcio punta senz’altro a dimostrare che «nulla si muove all’interno della magistratura se la corrente non lo vuole». Assodato questo concetto, c’è anche posto per una critica al «carrierismo sfrenato che ha fatto perdere la bussola anche a me».

Il magistrato Stefano Guizzi che difenderà Palamara in udienza ha anche chiesto di escludere Piercamillo Davigo dalla corte giudicante, in quanto l’ex pm di Mani pulite è nella lista dei testimoni «a discarico dell’incolpato». «Una condizione – si legge nell’istanza inviata a Palazzo dei Marescialli – davvero sui generis, tale da consigliarne l’astensione oppure da indurre sin d’ora questa difesa a formulare istanza di ricusazione» per Davigo che, secondo la memoria difensiva presentata da Guizzi, sarebbe stato tra gli oppositori di Pignatone, come lo stesso Palamara. Nulla di strano, però. Stavolta l’ex presidente dell’Anm invita a riflettere sul ruolo dei procuratori capo perché, dice a Radio Radicale, «accentuare i poteri di una sola persona, pensando che si potessero risolvere i problemi» non ha fatto altro che aumentarne «l’incidenza e l’influenza nella vita politica del Paese».

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