Andrea Morniroli lavora da operatore sociale nel napoletano. È promotore della cooperativa Dedalus e coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità con Fabrizio Barca. Con lui parliamo del blitz al Parco Verde di Caivano. «L’operazione era scontata – esordisce – Un governo che dice di non ammettere zone franche deve agire in questo modo. Del resto, non c’è dubbio che in quel territorio ci sia anche una questione di controllo e repressione dei clan criminali».

Andrea Morniroli
Andrea Morniroli

Siamo di fronte a uno spot pubblicitario?
Di certo reprimere non basta. Se questi interventi rimangono isolati e non si mette mano alle questioni della povertà strutturale e all’assenza di servizi capiremo che ci troviamo di fronte a un’azione di propaganda. Bisognerà vedere se cominceranno a portare servizi per adolescenti e minori, se avremo discontinuità amministrativa in un comune che ha conosciuto anche l’infiltrazione camorristica. E se ci sarà anche l’organizzazione del civismo attivo che a Caivano esiste. Diversi soggetti, quando vedo che le istituzioni spariscono si sentono abbandonate. Servono interventi continuativi strategici che riguardino ad esempio anche l’inserimento lavorativo e il sostegno alle famiglie.

Cosa dovrebbe fare il governo in concreto?
In quel territorio c’è molto in termini di risorse. Penso a chi agisce nelle scuole o agli operatori sociali. Dovrebbero metterli attorno a un tavolo e trasformare l’ascolto in forme di condivisione di potere sulle risorse. E da lì partire con un’opera di infrastrutturazione sociale, culturale e civile. Altrimenti chi agisce sul territorio si sente abbandonato. Sta in disparte oppure se ne va. O, peggio ancora, finisce in circuiti criminali.

Ci sono progetti che rappresentano modelli riproducibili?
Penso alla fondazione di comunità che a Messina ha fatto uscire la gente dalle baraccopoli del terremoto per condurle a forme di edilizia popolare e al recupero di un capannone industriale con un brevetto che parte da residui industriali per trasformare plastica riciclabile. Oppure al consorzio Goel che opera nella locride. Al centro interculturale di Porta Capuana a Napoli. Al teatro di San Giovanni a Teduccio diretto dall’attore Francesco Di Leva. E ancora, sulle scuole: non basta tenerle aperte il pomeriggio come ha annunciato il ministro Valditara: devi avere il coraggio di dire che ci sono risorse per fare progetti di quattro anni, dare continuità, adattarti alle esigenze del territorio.

Adesso si parla anche di processare i minori di più di 14 anni…
Le risposte che vanno in quella direzione forse creano immediato consenso, penso alla mamma del ragazzo ucciso a Napoli da un sedicenne. È comprensibile che quella donna chieda l’ergastolo. Ma quando le politiche vendicative diventano quelle dello stato non funziona più. Le politiche riabilitative di cui parla la Costituzione per i minori valgono ancora di più. Un esponente importante della polizia italiana, non faccio il nome per non metterlo nei guai, disse: «Il mio mandato istituzionale è la repressione, ma sono assolutamente consapevole che se l’unico intervento è quello repressivo allora è inutile».

La destra maschera la mancanza di politiche sociali con il pugno di ferro?
La destra usa la tolleranza zero per il controllo sociale, cui affianca il volto identitario, protezionista e paternalista. La vicenda del reddito è emblematica. Per il governo ci sono poveri buoni e cattivi, quindi non occorrono misure universali. In parte, i poveri sono imbroglioni che vengono dichiarati «occupabili». E poi ci sono quelli cui fare la carità. Ma la carità non può essere la politica dello stato. Lo diceva anche Paolo VI: «Sento il dovere di non restituire in termini di carità quello che è dovuto per giustizia».