Chiara Colosimo è stata eletta presidente della Commissione parlamentare antimafia ed è in questo modo che la destra conferma la sua idea di dialettica politica: se ci sono i numeri, si va avanti come treni, senza cercare mediazioni né curarsi di quel che accade intorno. Malgrado la contrarietà di molti familiari delle vittime di mafia, le inchieste giornalistiche e la richiesta delle opposizioni di tirare fuori un nome meno indigeribile, infatti, l’elezione della deputata classe 1986 vicinissima a Giorgia Meloni è arrivata con 29 voti sui 30 disponibili della maggioranza (un assente), contro i quattro per Dafne Musolino del gruppo Autonomie e un astenuto, mentre i parlamentari della minoranza sono usciti. I vicepresidenti saranno Mauro D’Attis (Fi) e Federico Cafiero de Raho (M5S).

Per il Pd la nomina di Colosimo rischia di «compromettere dalla nascita i lavori della commissione su un tema che richiede la massima compattezza». I dem ricordano anche di aver rivolto alla maggioranza un appello per individuare un presidente che raccogliesse «la volontà di collaborazione e di unità di tutti i gruppi parlamentari». Secondo l’Alleanza Verdi Sinistra, poi, la destra avrebbe dovuto «farsi carico delle preoccupazioni dei familiari delle vittime delle stragi». Critiche anche dalla Cgil («Non incarna l’unità necessaria») e dal Prc, con il segretario Maurizio Acerbo che si dichiara «indignato».

L’unità delle opposizioni è stata rotta dal terzo polo, che ha votato Musolino e appare più scandalizzato dall’atteggiamento di Pd e M5S che dal caso Colosimo. «Si sono spartiti i ruoli e hanno portato a casa un vicepresidente e un segretario – ha detto Raffaella Paita -. Anche se Cafiero de Raho è un nome di tutto rispetto, io ho votato scheda bianca».

Colosimo ha cominciato a destare preoccupazioni da quando Report, su Raitre, ha parlato di lei e dei suoi rapporti con l’ex terrorista nero Luigi Ciavardini e con l’associazione che presiede insieme a sua moglie Germana De Angelis, il Gruppo Idee. Quando il suo nome è diventato il più papabile per la presidenza della commissione antimafia, alcuni familiari delle vittime come Giovanni Impastato, Paolo Borsellino e le associazioni che tengono viva la memoria delle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia e della stazione di Bologna avevano espresso forti perplessità attraverso una lettera aperta: «Avrebbe un enorme conflitto d’interessi».

Senza fare una piega, Colosimo continua a negare ogni eventuale amicizia pericolosa, malgrado le foto della deputata abbracciata all’ex Nar che circolano sui social: «Ho espletato, nell’esercizio delle mie funzioni di consigliere regionale del Lazio, quello che mi era stato concesso e che era dovuto, cioè incontrare persone che sono state o sono detenute». Un buon proposito che dovrebbe ricordare anche al fratello d’Italia Donzelli, che aveva dato spettacolo alla Camera accusando il Pd di avere contatti con gli anarchici insurrezionalisti e la mafia per il semplice fatto di aver incontrato in carcere Cospito. Un po’ diversa la posizione di Colosimo: il problema del Gruppo Idee non risiede tanto nel suo lodevole impegno con i detenuti quanto nel giro d’affari da 2,5 milioni generato attraverso due cooperative, motivo per cui i suoi operatori non possono più entrare a Rebibbia.

Una vicenda sotto la lente della magistratura e che però non sembra interessare la maggioranza. Mentre Colosimo ha tentato invano a uscire dall’impasse invitando i familiari delle vittime a farle visita: «Questa è casa loro, possono venire quando vogliono e indicarmi le loro priorità». Che, evidentemente, lei ancora non conosce.