La Destra e la sinistra
Cartelli di strada La Destra e la Sinistra non avevano accesso nel centro storico, anche se nessuno si sognava di definire «centro storico», negli anni ’50, il centro-città. Si dirigevano invece, sin dalle […]
Cartelli di strada La Destra e la Sinistra non avevano accesso nel centro storico, anche se nessuno si sognava di definire «centro storico», negli anni ’50, il centro-città. Si dirigevano invece, sin dalle […]
La Destra e la Sinistra non avevano accesso nel centro storico, anche se nessuno si sognava di definire «centro storico», negli anni ’50, il centro-città. Si dirigevano invece, sin dalle ore affollate del mattino, lungo le direttrici dei quartieri della prima fascia periferica, restando lontane dai flussi di traffico tendenti a penetrare nel cuore della città. Chi ci faceva caso che venissero chiamate Destra e Sinistra? Erano solo dei nomi comuni come tanti, senza alcuna pretesa di assumere chissà quali significati. Per la popolazione – di qualunque città – i termini «destra» e «sinistra» apparivano poco assimilabili agli schieramenti politici contrapposti di conservatori e di progressisti. Partecipando ai comizi nel clima delle campagne elettorali, sarebbe stato difficile trovare qualcuno che si dichiarasse di destra o di sinistra. Gli elettori si autodefinivano in base al partito che votavano. La maggioranza che seguiva l’ideologia centrista si riteneva democristiana e solo con quell’aggettivo voleva essere identificata. A destra poi, si sapeva, stavano i militanti missini; mentre nella sinistra confluivano i compagni, orgogliosi del loro sentirsi comunisti e socialisti. La Destra e la Sinistra che non avevano accesso nel centro storico, invece, appartenevano all’azienda urbana di trasporti pubblici. La quale, con quei termini direzionali, indicava due linee di autobus (le cosiddette «circolari») il cui ruolino di marcia prevedeva la percorrenza nei quartieri a ridosso del centro cittadino. Quell’azienda inoltre aveva dato gli appellativi di «Blu» e di «Verde» a due autolinee che, queste sì, percorrevano le arterie di penetrazione nel centro storico. Adottando nomi di colori, si anticipava di un decennio la denominazione delle linee (colorate appunto) della rete metropolitana di Milano. Completavano il quadro dell’autoparco pubblico i mezzi contrassegnati dai numeri (come è usuale in quasi tutte le città) compresi fra il 5 e il 9. In totale, una decina di circolari attraversavano quotidianamente il centro e i quartieri di periferia. Nelle fasce orarie con notevole affluenza di viaggiatori, si potenziavano le corse (cosiddette «bis») della Destra e della Sinistra; ma anche delle circolari con i colori. Nelle città, prima della massificazione automobilistica che finì per invaderle e paralizzarle, il trasporto pubblico era prerogativa degli autobus che risultavano quasi sempre gremiti di passeggeri. A ogni ora, del giorno e della sera. I viaggiatori abituali possedevano il tesserino d’abbonamento per recarsi a scuola, all’ufficio, al mercato centrale per la spesa giornaliera. In alternativa, circolavano carrozze con cavallo e cocchiere. I trasporti insomma funzionavano così, è risaputo. Ciò che non è ancora nota, invece, è la risposta a un perché rimasto in sospeso. Perché, dunque, due autobus si chiamavano Destra e Sinistra? L’azienda di trasporti, «ditta Panterini», aveva rimesse, uffici e abitazione in un unico caseggiato ubicato a un incrocio dei viali di circonvallazione esterna della città. All’ora di ripresa del servizio urbano, di buon mattino, le circolari intraprendevano l’itinerario prestabilito. Due di queste seguivano il percorso continuativo della circonvallazione, in senso opposto l’una dall’altra, che ad anello racchiudeva la città: quella che voltava a dritta, uscendo dalla rimessa, venne chiamata Destra; la seconda, che voltava a manca, non potè essere che la Sinistra. Niente di cervellotico. Anzi, una trovata disarmante per la sua ovvietà.
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