Le parole più ripetute da Biden nel suo discorso alla nazione davanti all’Independence Hall di Philadelphia – il luogo simbolico della nascita della democrazia americana – sono we the people, l’incipit della Costituzione, e violenza: quella politica fomentata dall’ex presidente e i «repubblicani Maga» che per Biden rappresentano «un estremismo che minaccia le stesse fondamenta della nostra Repubblica». Il presidente Usa non si spinge a chiamarli «semi-fascisti» come aveva fatto poche settimane fa, ma chiama Donald Trump per nome e incentra tutto il suo discorso sulla «battaglia per l’anima della nazione» che bisogna combattere contro di lui e i suoi per salvare la democrazia americana. Distingue fra repubblicani Maga e quelli «mainstream» che cerca di “riunire” nella causa comune della salvaguardia dello «stato di diritto», ma osserva anche che «non c’è dubbio che il partito repubblicano oggi sia dominato e guidato da Trump e i Maga», che «non credono nella Costituzione», e stanno «lavorando, stato dopo stato, per dare il potere di decidere il risultato delle elezioni a seguaci e amici, rafforzando i negazionisti del risultato elettorale e compromettendo la stessa democrazia».

IL SUO DISTINGUO fra repubblicani “perbene” e Maga non basta naturalmente a evitargli accuse di «divisività»: la presidente del Comitato nazionale repubblicano Ronna McDaniel (filo Trump) lo definisce «divisore in capo», e il partito democratico come pieno «di disgusto e ostilità verso metà del Paese». D’altronde, come nota il New York Times, un sondaggio dell’università di Quinnipiac fotografa con una sorprendente specularità questa divisione: il 69% dei democratici pensa che la democrazia Usa sia «a rischio collasso», e lo stesso crede il 69% dei repubblicani, vedendosi reciprocamente come la causa di questo pericolo.
Ma Biden fa comunque leva sul più che legittimo timore nei confronti delle aspirazioni golpiste dei Maga per rivolgersi ai cittadini Usa: «La storia ci insegna che la cieca lealtà verso un solo leader e la volontà di ricorrere alla violenza politica è fatale per la democrazia», e cita infatti il 6 gennaio 2021, «la folla che ha assaltato il Campidoglio» che «avrebbe fatto qualunque cosa per annullare i voti di 81 milioni di persone». Il presidente dipinge il Paese davanti a un bivio – «uno di quei momenti che determina la forma di tutto ciò che verrà dopo» – : andare avanti o consegnare gli Usa a chi «è determinato a portare questo Paese indietro, a un’America dove non c’è diritto di scelta, diritto alla privacy, alla contraccezione, di sposare la persona che si ama». Il riferimento al recente operato e a quelle che sembrano essere le aspirazioni future della Corte suprema a supermaggioranza conservatrice è chiaro, e il diritto all’aborto è già uno dei temi centrali della campagna elettorale per il midterm.

DI CONTRO JOE BIDEN elenca i traguardi (per quanto modesti rispetto ai propositi di partenza) della sua amministrazione, e che gli sono valsi qualche punto in più nei sondaggi rispetto ai numeri disastrosi di solo pochi mesi fa (dal 42 al 45%): il primo sostanzioso intervento in materia di cambiamento climatico, il pacchetto di spesa per le infrastrutture, la timida – ma «la prima dai tempi di Clinton», ci tiene a notare il presidente – regolamentazione della vendita delle armi, l’intervento per abbassare il prezzo dei medicinali che negli Stati uniti «era il più alto al mondo».
Ma al cuore del suo discorso resta l’ammonimento a votare per difendere il paese dalla destra trumpiana: «Per lungo tempo ci siamo detti che la democrazia americana era garantita. Ma non lo è».