Temevate l’invasione di grilli sulle vostre tavole? Non dovete preoccuparvi, ci pensa il ministro della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida a fermare gli ortotteri sull’orlo del desco e presidiare l’integrità delle italiche papille gustative. Con ben quattro decreti, presentati ieri insieme al ministro dello sviluppo Adolfo Urso e a quello della salute Orazio Schillaci, Lollobrigida dice di voler evitare che «i prodotti del Made in Italy siano confusi con queste farine». Si prevedono etichette stampate in modo da essere «facilmente visibili e leggibili» e vendita «in comparti separati, segnalati da apposita cartellonistica».

Da Alfred Hitchcock in poi, gli sceneggiatori chiamano «MacGuffin» l’oggetto o l’evento che smuove ogni intrigo: è un MacGuffin la valigetta misteriosa di Pulp Fiction oppure il tappeto che produce le avventure improbabili de Il Grande Lebowsky. Ogni narrazione, in effetti, ha bisogno di un catalizzatore, un espediente che traina la storia e produce aspettative. Le destre in questi anni hanno approfittato di diversi tipi di MacGuffin, dispositivi in grado di rappresentare circostanze del tutto irreali eppure capaci di apparire come forze motrici di vere e proprie leggende creatrici ci consenso. E allora ecco le Ong «taxi del mare», il grande reset e la sostituzione etnica, la fantomatica ideologia del gender e la minaccia al consesso civile dei rave parties, le subdole manipolazioni democratiche del finanziere Soros oppure la contrapposizione tra i diritti sociali e quelli civili, rappresentati come sfere alternative nonostante da sempre procedano insieme, intrecciandosi e rafforzandosi a vicenda.

Ogni MacGuffin contiene un Dna ideologico ben preciso: definisce un campo di battaglia, implica l’esistenza di un nemico, si trascina dietro un armamentario ideologico. Uno dei MacGuffin delle narrazioni reazionarie degli ultimi tempi è rappresentato dalla minaccia alle nostre abitudini alimentari. La fortunata saga sostiene che misteriose élite globaliste (poteri forti invisibili quanto minacciosi rappresentati ovviamente in forma sempre caricaturale e slegata da ogni rapporto di produzione) starebbero macchinando per dare l’assalto alla nostra tradizione gastronomica. In tempi di sovranismo e di spettacolarizzazione delle faccende alimentari è facile capire quanto tutto ciò tocchi l’immaginario collettivo. Nello specifico, sostengono le storie che gonfiano di indignazione artificiale le bolle social, l’orgoglio tricolore delle tavole domenicali rischia di essere intaccato da bistecche artificiali, create in laboratorio, e soprattutto dalle farine di insetti: grilli, cavallette e chi più ne ha più ne metta. Dunque, occorre proteggere gli altari imbanditi del culto autoctono della dieta mediterranea.

Di vero c’è che da un paio di mesi nel territorio dell’Unione europea è possibile commercializzare prodotti alimentari a base di polvere di Acheta domesticus, il grillo comune. In prospettiva, le farine alimentari tratte da insetti hanno un ciclo produttivo che consuma meno acqua e suolo. Per di più, sembra che tarme, locuste e compagnia saltante abbiano alto contenuto proteico e fibre, calcio, ferro e vitamina B12.

La Fao certifica che in 140 paesi del sud del mondo più di due miliardi di persone mettono regolarmente sotto i denti oltre duemila specie di insetti. Già da qualche tempo il ministro Salvini, cultore del food porn via social e grande inseguitore del gusto dell’italiano medio, ha capito che la gran parte degli italiani fa fatica ad accettare un prodotto del genere, che peraltro risulta ancora costoso e poco conveniente per i consumatori occidentali. Insieme a lui, numerosi politici reazionari di diversi paesi hanno lanciato l’allarme. Presto raccolto da Lollobrigida.