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La decisiva irrilevanza del vaso di coccio Moldavia

La decisiva irrilevanza del vaso di coccio MoldaviaManifestazione filo-europeista nella capitale moldava Chisinau

Reportage È il fanalino di coda dell’Ue, ma resta un fattore di contesa geostrategica con la Russia. Il crack bancario che nel 2014 sconvolse l'economia della piccola ex repubblica sovietica è stato definito dall'Economist «la più grande truffa finanziaria della storia»

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 9 maggio 2017

Al trentesimo piano del più grande centro commerciale della città c’è lo Sky Disco Bar. Tra l’alluminio, la plastica, i laser e ragazzine in equilibrio su vertiginosi tacchi si aggira qualche stralunato sex-turista. Si tratta in prevalenza di turchi e italiani. Il disco-bar funziona ventiquattro ore al giorno come del resto i tanti casinò e minimarket che illuminano nella notte i viali deserti.

Giù in strada invece, è in corso come tutti i giorni, un gigantesco mercato delle pulci dove povera gente vende tutto l’improbabile: vestiti cinesi dismessi, busti di Lenin, sifoni, soprammobili rotti.

SIAMO A CHISINAU capitale della Moldavia, piccola repubblica ex sovietica incastrata tra la Romania e l’Ucraina. I “fondamentali” economici e le statistiche di sviluppo sociale fotografano un quadro desolante dello stato del paese: il Pil pro capite si aggira intorno ai 1800 dollari annui e il paese ha il più basso livello di qualità dell’esistenza, fanalino di coda in Europa.

Se si eccettua la viticultura (ottimi i vini e i cognac), dell’economia moldava non è rimasto un granché. Le fabbriche del complesso militare sovietico sono state abbandonate e i macchinari sono stati venduti a peso come materiale ferroso da intraprendenti ex operai che le hanno letteralmente smontate pezzo a pezzo.
EPPURE GLI ANALISTI della Banca mondiale, di tanto in tanto, snocciolano ancora numeri promettenti sulla crescita economica della Moldavia, sul suo livello di privatizzazioni e sul basso costo della sua forza lavoro che la renderebbe così interessante per gli investimenti. Sembra che i soloni del liberismo, così compresi nel proprio ruolo, non riescano a fare i conti con i disastri sociali che hanno provocato anche in questo angolo d’Europa dove le pensioni raggiungono a stento i 50 dollari al mese.

Del resto di investimenti stranieri, malgrado il paese sia associato all’Unione europea, non se ne vedono. Le infrastrutture cadono a pezzi senza più manutenzione e il sistema sanitario è al collasso. Nel 2016 per alcuni mesi, i due ospedali della capitale, per mancanza di fondi, hanno chiuso tutti i reparti con le sole eccezioni delle sale chirurgiche e il servizio di pronto soccorso.

ANCHE IL TENTATIVO di speculare nell’immobiliare si è dimostrato un fiasco. I pochi investitori del settore, in particolare turchi e rumeni, hanno lasciato il mercato moldavo nei primi anni Duemila, abbandonando nel pieno centro della capitale scheletri di palazzi che non verranno più terminati.

Qui, chi ha potuto, se ne è andato da un pezzo. Gli uomini hanno raggiunto le fabbriche tedesche, rumene, polacche, le donne hanno soprattutto trovato impiego come badanti nei paesi del sud Europa. Le ragazze giovani appena risparmiano un po’ soldi volano in Turchia in cerca di fortuna.

Si tratta di un esercito di oltre un milione di migranti, il 25% della popolazione totale, che ormai risiede all’estero definitivamente e le cui rimesse ai parenti rimasti a casa rappresenta il 30% del Pil complessivo del paese.

LA CORRUZIONE è generalizzata. Nel 2014 sono fallite tre delle principali banche lasciando dietro di sé un “buco” di un miliardo di dollari, oltre il 15% della ricchezza annua prodotta e ciò ha fatto scrivere all’Economist che si era di fronte «alla più grande truffa finanziaria mai avvenuta nella storia».

Il governo aveva promesso di risarcire i risparmiatori, ma fino ad oggi ben pochi hanno visto qualcosa.

NON STUPISCE quindi che molti moldavi, non solo anziani, guardino con nostalgia all’epoca sovietica, nostalgia per un’epoca tranquilla dove lavoro e servizi sociali erano malgrado tutto garantiti.

Non a caso qui, a differenza di altri paesi dell’Europa Orientale, la parola comunismo non è una bestemmia. Fino alla metà degli anni Duemila il partito comunista otteneva quasi il 50% dei voti e anche l’attuale presidente della Repubblica Igor Dodon proviene dal Partito comunista moldavo.

La sua elezione quest’anno a presidente ha fatto parlare i giornali occidentali di svolta «filo-russa» della Moldavia, ma la realtà è assai più complessa.
Il paese è storicamente e geograficamente parte della Romania anche se nel periodo sovietico qui si mischiarono russi, bielorussi e soprattutto ucraini. La lingua più parlata è ancora il russo ma il governo di Bucarest ha iniziato da tempo un’opera di “colonizzazione” sociale e culturale. L’ambasciata rumena garantisce, già da qualche anno, ad ogni cittadino moldavo di poter ottenere il passaporto rumeno. Una vera e propria manna che dà la possibilità ai moldavi di spostarsi in tutta l’Unione europea senza bisogno del visto.

AL TEMPO STESSO LA MOLDAVIA ha necessità di migliorare le relazioni con la Russia. Malgrado le esportazioni moldave verso il paese di Putin abbiano ormai un peso relativo, l’associazione della Moldavia alla Unione europea ha prodotto forti ritorsioni russe.

L’introduzione di un vero e proprio embargo della Federazione russa verso il vino e i prodotti agricoli moldavi ha avuto degli effetti devastanti producendo un calo del Pil del 4,2% nel 2104, mentre la ripresa del 2015-2016 non ha ancora riportato il paese al livello del 2013.

ANCHE SE MOLDAVIA E RUSSIA non confinano, inoltre, resta ancora aperto tra i due paesi il casus belli della Transnistria, una piccola striscia di territorio della Bessarabia che nel 1992 ha rotto con Chisinau creando un proprio stato indipendente legato a Mosca, ma mai riconosciuto né dall’Onu né da nessuno stato. Malgrado la regione resti tranquilla e i rapporti siano di buon vicinato, il possibile riemergere della irrisolta questione dell’annessione russa della Crimea, potrebbe riaprire anche il contenzioso della Transnistria, vicenda mai digerita soprattutto dalle amministrazioni americane.

Così la Moldavia, per quanto abbia un peso economico praticamente irrilevante, resta un fattore di contesa tra potenze occidentali e Russia; vaso di coccio tra vasi di ferro.

I moldavi hanno cessato di scommettere sul loro futuro da tempo, ma forse la vera tragedia è che ancora qualcuno pensi di usare, per fini geostrategici, questo povero e disilluso paese.

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