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La «dama» di Hollywood Olivia de Havilland tra fragilità e forza ferrea

La «dama» di Hollywood Olivia de Havilland tra fragilità e forza ferreaOlivia De Havilland al trucco nel 1946, sul set di «A ciascuno il suo destino» – Ap

Cinema Addio all’attrice che interpretò Melania in «Via col vento», premio Oscar per «A ciascuno il suo destino». Porta il suo nome la sentenza della Corte Suprema della California che nel 1945 impedì agli Studios di estendere arbitrariamente i contratti

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 28 luglio 2020

«È solo naturale per me battagliare queste istituzioni. Perché stanno sbagliando». Così con quella calma pacata che nei suoi ruoli più famosi modulava abilmente tra le sfumature della vulnerabilità, dell’acciaio e del sinistro, Olivia de Havilland aveva risposto nel 2017 al «Los Angeles Times», che le chiedeva come mai -a centodue anni- le era venuto in mente di portare in tribunale Ryan Murphy e la rete FX, per la serie tv The Feud. Molti -in particolare la famiglia di Robert Aldrich e alcuni fan del regista di Che fine ha fatto Baby Jane?, come Walter Hill- avevano rilasciato forti dichiarazioni contro le falsità diffamatorie nella miniserie di Murphy sulla rivalità tra Bette Davis e Joan Crawford.

MA SOLO «Dame Olivia» – scomparsa domenica dopo aver superato il 104esimo compleanno – dal suo sontuoso appartamento di Parigi, si era spinta fino alla denuncia, offesa da come era stata ritratta (dietro alle spoglie di Catherine Zeta-Jones). Il suo caso contro uno dei produttori più potenti della tv americana, arrivò fino alla Corte Suprema, che decise contro di lei.
In qualche modo però, da quella sconfitta legale, prendendo posizione contro l’immaginario sfarzo-tabloid di Murphy, la royalty hollywoodiana con il sorriso ingannevolmente dolce, sovrastato da un bouffant di capelli bianchissimi, riuscì a trarre una vittoria simbolica.

CI SIAMO chiesti in molti -sperando magari in un’altra esternazione parigina – cosa de Havilland avesse pensato qualche settimana fa della querelle su Via col vento – ritirato da Hbo e rimesso in circolazione con un disclaimer… In quel film è uno dei suoi ruoli più famosi, Melania Hamilton Wilkes, e un ruolo in cui la sua tipica combinazione di fragilità e forza ferrea è al meglio. Il personaggio di Melania -pallida e delicata fino a sembrare bruttina – così antitetico alla fiammeggiante, Rossella (Janet Leigh) avida di vita e di piaceri terreni, le giovò una nomination agli Oscar come miglior attrice non protagonista. Ma fu la Mammy di Hattie McDaniel a vincere la statuetta – dato che nessuno ha recentemente ricordato, nella frenesia di attaccare il film come manifesto razzista. De Havilland era stata scritturata de George Cukor prima che Victor Fleming subentrasse alla regia, ma per poter interpretare Via col vento, prodotto da David O. Selznick per la Mgm, aveva dovuto chiedere «il permesso» a Jack Warner. La sua carriera professionale si era infatti formata e sviluppata alla Warner Bros., che l’aveva messa sotto contratto per sette anni, nel 1935, dopo averla notata nel fantasmagorico adattamento di Sogno di una notte di mezza estate diretto da Max Reinhardt.

ALLA WB l’attrice – nata a Tokyo da genitori inglesi e cresciuta in California – aveva sviluppato una collaborazione artistica con uno dei migliori e più versatili registi dello studio, Michael Curtiz, apparendo in diversi film accanto a Errol Flynn, tra cui Captain Blood, The Charge of the Light Brigade e La leggenda di Robin Hood, in cui era Marian. De Havilland – che è stata sposata due volte – ha sempre negato le voci su una sua storia con Flynn, ma ha detto più volte che «quello del love interest non è stato un ruolo molto interessante».
È stata una mancanza di ruoli d’interesse quella che, dopo il successo di Via col vento, la spinse a intentare la sua causa più famosa e più determinante, quella per essere sciolta dal contratto che la legava alla WB e che Warner – che l’aveva sospesa perché lei rifiutava di accettare tutti i copioni che le mandavano – voleva prolungare artificialmente. Insieme a Bette Davis, de Havilland è stata infatti una della star hollywoodiane che più si sono battute per liberare le carriere degli attori dalla tirannia delle Major. Non a caso porta il suo nome la sentenza della Corte suprema della California che nel 1945 stabilì che uno studio non può estendere arbitrariamente i contratti.

È del 1946 uno dei suoi rari film noir, Lo specchio scuro, di Victor Siodmak, in cui interpreta due gemelle, una buona e una cattivissima. Ed è cattiva anche in Piano… piano, dolce Carlotta (1964), splendido melo gotico di Robert Aldrich, in cui de Havilland ereditò un ruolo inizialmente inteso per Joan Crawford, la cugina delle southern belle appassita Bette Davis.

TRA LE SUE interpretazioni più famose, se non quelle più sottili, anche la giovane moglie schizofrenica di La fossa dei serpenti, di Anatole Litvak (1948). Il primo Oscar è stato quello per il melodramma di Mitchell Leisen A ciascuno il suo destino (1946), il secondo quello per L’ereditiera l’adattamento dal romanzo di Henry James Washington Square, diretto da William Wyler in cui de Havilland viene sedotta dall’arrampicatore sociale Montgomery Clift. Era uno dei suoi film preferiti. Tra gli Oscar «mancati» va ricordato quello per La porta d’oro, più che altro perché quell’anno L’Academy Award andò invece a sua sorella Joan Fontaine, per Il sospetto di Hitchcock – la rivalità tra le due, che non si rivolsero quasi più la parola dopo la sera della premiazione, una delle più leggendarie di Hollywood.

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