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La cultura nei comuni cancellata dal governo

La cultura nei comuni cancellata dal governoIl premier Giuseppe Conte e il ministro della Cultura Dario Franceschini – LaPresse

Dl Rilancio Gli assessori di 14 città chiedono il ristoro della parte di tassa di soggiorno con cui le amministrazioni sostenevano il comparto

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 12 maggio 2020

In attesa del decreto legge Rilancio ci sono anche gli assessori alla Cultura di 14 città italiane. All’inizio del lockdown hanno organizzato un gruppo di lavoro a distanza per avviare un’interlocuzione con il ministro di riferimento, Dario Franceschini. Sul tavolo la crisi del comparto, con il conseguente impoverimento di tutta la filiera, ma anche il ruolo delle amministrazioni comunali. Gli assessori delle città interessate (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Firenze, Venezia, Cagliari, Palermo, Bari, Torino, Genova, Matera, Parma e Ancona) a inizio marzo hanno pubblicato un appello per chiedere al ministero lo stato di crisi e la creazione di un fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati.

La quasi totalità dei comuni si è trovata ad affrontare la pandemia senza la principale leva con cui hanno sostenuto il settore in questi anni di tagli agli enti locali: la tassa di soggiorno, infatti, si è totalmente azzerata per effetto del blocco del turismo. «A Napoli l’anno scorso abbiamo incassato 12 milioni di euro attraverso questa misura – spiega l’assessora Eleonora de Majo -. Una parte è stata destinata al mio assessorato che l’ha impiegata per programmare il Capodanno, rassegne come Estate a Napoli e ancora per sostenere istituzioni come il Teatro Stabile, l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la Società Napoletana di Storia Patria». A Franceschini gli amministratori avevano chiesto il ristoro della parte di tassa di soggiorno che veniva destinata a cultura e spettacoli. Alle rassicurazioni iniziali sono seguiti i silenzi: nell’ultima bozza del dl Rilancio la misura non c’è.

Naturalmente l’impatto non è lo stesso per tutte le città. Ci sono, ad esempio, centri che non hanno questo tipo di tassa. Milano la prevede ma, in assenza, può contare su un tessuto economico solido: il fondo di Mutuo soccorso, aperto dal comune per l’emergenza Covid-19, ha raccolto 14,5 milioni da privati. Così l’amministrazione ha deciso di girare 2 milioni «alle piccole imprese del settore culturale, particolarmente colpite dall’inattività derivante dal periodo di blocco». A Napoli i privati, fino alla scorsa settimana, avevano versato nel fondo di solidarietà del comune circa 90mila euro, totalmente impegnati nell’acquisto di pacchi alimentari.

«Ci è giunta voce che, tra le misure destinate ai comuni all’interno del nuovo decreto, non sia previsto alcun ristoro della tassa di soggiorno – commenta de Majo -. Se fosse vero, il nostro ruolo verrebbe esautorato definitivamente a favore di un ulteriore accentramento di capacità finanziare e decisorie nelle mani delle regioni e del governo». I due enti mettono in campo grandi finanziamenti che, spesso, tagliano fuori realtà come i teatri di periferie, le associazioni e i gruppi giovani. «I comuni sono in grado di intervenire in modo più capillare e anche più rapido – conclude de Majo -. La tassa di soggiorno, che gestivamo in autonomia, ci permetteva di raggiungere anche chi non ha accesso ai fondi europei o ai bandi ministeriali e regionali. La sua interruzione non è solo una vacatio che agisce nell’immediato ma avrà conseguenze per la vita culturale degli enti locali».

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