La crisi dei vini di ghiaccio
Enologia I cambiamenti climatici hanno azzerato la produzione di «eiswein» in Germania. E in Italia si soffre, con qualche eccezione
Enologia I cambiamenti climatici hanno azzerato la produzione di «eiswein» in Germania. E in Italia si soffre, con qualche eccezione
A molti potrebbe anche far piacere avere un inverno più mite, senza gelate mattutine e senza grandi nevicate, di sicuro però non fa piacere agli agricoltori, i quali mettono la produzione delle loro terre nelle mani dei delicati equilibri che reggono le fasi fenologiche del raccolto, sempre più compromesse a causa dell’innalzamento delle temperature e dei cambiamenti climatici che sconvolgono i cicli stagionali, fondamentali in agricoltura. Come succede per gli Eiswein, i così detti vini di ghiaccio, la cui produzione quest’anno è stata quasi completamente azzerata in Germania, con un solo produttore su 13 regioni vinicole, mentre in Italia affronta grossi problemi a causa dell’innalzamento delle temperature e dei sconvolgimenti climatici durante tutte le stagioni. Questi particolari vini sono infatti prodotti con il metodo di appassimento delle uve tramite congelamento naturale: la vendemmia avviene nelle notti d’inverno, alle temperature di almeno 6-7 gradi sotto zero, quando l’acqua contenuta negli acini è solidificata e separata dagli zuccheri e dalle altre sostanze, per cui il mosto ottenuto è particolarmente concentrato e riesce però a mantenere elevati valori di freschezza e acidità e contenuta gradazioni alcolica.
«Le condizioni per la produzione di vino di ghiaccio non sono state ottimali negli ultimi anni», spiega in un comunicato Ernst Bucher, dell’istituto di vini tedesco (DWI), «è stato il caso del 2017, da cui, a nostra conoscenza, solo 7 produttori hanno potuto raccogliere uve per i vini di ghiaccio: 3 nel Wurttemberg, 3 nel Saale-Unstrut e uno a Baden. Prima di questo l’inverno 2014/2015 era così mite che il vino di ghiaccio dell’annata 2014 è stato una rarità assoluta; mentre dell’annata 2013 conosciamo solo 5 produttori della Renania-Palatinato e 3 del Saale-Unstrut che hanno avuto un po’ di produzione». La paura ora è, per Buscher, che i produttori tedeschi non vogliano più rischiare le produzioni di vino per creare eiswein, dato che la resa è molto bassa e sono sempre di più le annate in cui non si verificano le condizioni per la vinificazione.
Attualmente i vini di ghiaccio in Germania hanno una quota molto piccola del raccolto totale, che si aggira intorno allo 0,1%. «I vini di ghiaccio svolgono una funzione particolarmente importante per la reputazione dei produttori», conclude Ernst Bruscher, «e sono anche molto apprezzati a livello internazionale».
IN ITALIA LA PRODUZIONE DI QUESTI VINI è stata compromessa per diverse aziende ma gli effetti delle modificazioni del tempo atmosferico sono presenti già da almeno un decennio e molte cantine hanno dovuto diversificare la produzione, apportare cambiamenti di strategie o smettere completamente la vinificazione di vini di ghiaccio.
Una di queste è la cantina Croci, di Castell’Arquato, nel piacentino, che ha smesso la produzione di vino di ghiaccio dal 2011: «da diversi anni non si raggiungevano le temperature necessarie alla vendemmia», confermano dall’azienda, «per cui abbiamo dovuto smettere questo tipo di produzione. Ciò ha comportato una perdita di fatturato di almeno il 10% all’anno».
NIENTE PRODUZIONE PER QUEST’ANNO nemmeno per la Cantina Baricchi, di Cuneo, che però da alcuni anni ha diversificato la produzione, mettendo sul mercato uno spumante cuveé sul metodo dei grandi Champagne francesi, cioè una miscela di vini proveniente da 3 annate diverse formata da vin de Glace, come si chiama l’eiswein nell’Italia nord occidentale, e mosto fresco di moscato bianco, che rifermenta in autoclave e matura a contatto dei lieviti (sur lies) fino a venti mesi, per proteggerlo dalle ossidazioni. «In questo modo abbiamo smesso di produrre vini di ghiaccio in purezza», spiega il titolare della cantina, «però abbiamo salvato le annate in cui non c’era raccolto quando in media abbiamo una perdita annua di 50 mila euro, circa il 15% del fatturato».
LE PROBLEMATICHE NON SONO PERÒ DOVUTE solo alle temperature nel periodo di vendemmia ma alle condizioni dell’intero periodo fenologico che, nella vite, inizia intorno a marzo, con il risveglio vegetativo e il germogliamento della pianta: «A febbraio ha fatto caldo e le viti hanno germogliato prima, poi a marzo ha gelato e i germogli sono morti», continuano dalla cantina Baricchi, «anche la primavera è stata anomala, con le abbondanti piogge di maggio. La primavera deve essere bellissima per avere una buona produzione, perché dalle uve si ricava intorno al 10% di vino. Poi importantissimo è l’autunno, durante l’appassimento sulla pianta, quando dovrebbe fare freddo, invece negli ultimi anni è troppo caldo e umido, con la proliferazione di muffe e marciume che distrugge la produzione».
STESSO DISCORSO IN VAL D’AOSTA, dove il Cave Mont Blanc de Morgex et la Salle, azienda importante della doc Aosta, famosa per il suo spumante, produce un vin de Glace con il vitigno Prié Blanc, che riesce a resistere fino a 1200 metri di altitudine, con metodo di ossidazione e passaggio in legno grazie all’uso di barrique scolme; negli ultimi anni ha avuto diversi cali di pruduzione di questo vino e anche annate di assenza totale: «Quest’anno l’abbiamo prodotto ma siamo arrivati al limite delle temperature«, spiega il titolare, «con meno 6 gradi, e la vendemmia l’abbiamo dovuta posticipare di 2 settimane per aspettare il freddo, mentre le uve maturano sempre prima per il caldo. Nel 2017 abbiamo perso completamente la produzione per le gelate ad aprile; temperature buone invece lo scorso anno, ma le maturazioni sono sempre più disomogenee, per le temperature troppo alte nelle notti di fine estate, e sempre più problemi di muffe e marciume in autunno».
BUONA PRODUZIONE PER CASA RONSIL di Chiomonte, in Val di Susa, ma anche lì il problema comincia a manifestarsi: «Qui si fa ogni anno perché siamo in alto e nevica molto», spiegano, «certo, ogni anno con qualche grado alcolico in più e con la vendemmia sempre più tardi».
Diversificate le produzioni per la cantina del Trentino Pojer, che ha dovuto alzare le vigne dai 450 metri di altitudine ai 900 metri e congelare le uve artificialmente: «Man mano che aumenta la temperatura dobbiamo prendere le uve sempre più alte, perché il caldo trasforma le muffe nobili dei nostri vini muffati in muffe nocive per il vino. Nel 2017 per esempio la produzione è saltata per via di un cattivo decorso finale dei vitigni, mentre fino a 10 anni fa qui era pieno di neve».
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