ExtraTerrestre

La crisi degli squali mediterranei

Abitano gli oceani da almeno 400 milioni di anni e l’uomo, in pochi decenni, sta riuscendo a decimarli. Sono gli squali, animali affascinanti di cui il 14 luglio si è […]

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 18 luglio 2019

Abitano gli oceani da almeno 400 milioni di anni e l’uomo, in pochi decenni, sta riuscendo a decimarli. Sono gli squali, animali affascinanti di cui il 14 luglio si è celebrata la Giornata mondiale. Per il Wwf è stata l’occasione per lanciare il report “Squali in crisi nel Mediterraneo: misure urgenti per salvarli” (disponibile su www.wwf.it) che raccoglie i risultati delle ultime ricerche condotte nel Mar Mediterraneo sulle popolazioni di squali e razze.

Delle 86 specie presenti nel Mediterraneo, oltre la metà è minacciata e un terzo di queste è prossima al rischio di estinzione. Il preoccupante stato di questi predatori marini è un chiaro segnale della salute complessivamente precaria del nostro mare, la cui biodiversità è a serio rischio.

È in atto una vera e propria mattanza, silenziosa e invisibile, e la sovrapesca rappresenta la principale minaccia. Sebbene non siano quasi mai il vero obiettivo dei pescatori, verdesche, mobule, torpedini, gattucci, mako e altre specie, spesso anche protette, vengono catturate accidentalmente in tutte le attività di pesca nel Mediterraneo e la maggior parte delle volte rigettati in acqua: oltre 60 specie sono vittime di reti a strascico, mentre in alcune zone addirittura un terzo del pescato catturato dai palangari è costituito da squali e razze.

La pesca con reti derivanti, tra l’altro illegale, provoca la cattura di moltissimi individui. Si stima che, nell’arco di un solo anno, la flotta marocchina abbia catturato con questo attrezzo dai 20.000 ai 25.000 squali pelagici nel mare di Alborán e dai 62.000 ai 92.000 in prossimità dello stretto di Gibilterra. E impatti ugualmente negativi, anche se fortunatamente più ridotti, provengono dalla piccola pesca con reti da posta.

Ma anche altre minacce incombono su questi animali a partire dalla plastica che viene ingerita dagli animali o che li avvolge, finendo per ostacolarli. Anche le frodi alimentari sono un problema: spesso il consumatore ignaro finisce per mangiare carne di squalo spacciata come pesce spada. Questo tipo di frode è molto diffuso (secondo la Guardia Costiera si tratta di una delle tre frodi di pesca più comuni in Italia) e comporta notevoli rischi per la salute umana: essendo molti squali al vertice della piramide alimentare dei mari, la loro carne contiene un elevato tasso di mercurio, a volte ben al di sopra dei limiti massimi consentiti dalla legge.

Il report Wwf evidenzia anche le possibili soluzioni da mettere in atto per ridurre l’impatto di determinate attività di pesca su queste specie: evitare la pesca in determinati habitat chiave per squali e razze, utilizzare strumenti di pesca più selettivi che riducano o eliminino il bycatch (la cattura per errore), migliorare la conoscenza della consistenza e diffusione delle popolazioni di queste specie attraverso la raccolta di dati, fondamentale per aumentare gli sforzi di conservazione e per assicurare la completa trasparenza e legalità nel settore della pesca.

Proprio in questi giorni il Wwf ha avviato la fase operativa del progetto SafeSharks consegnando alla comunità dei pescatori di Monopoli, la più importante dell’Adriatico per quanto riguarda la pesca del pesce spada, una serie di speciali Tag satellitari per monitorare la possibile sopravvivenza di quegli esemplari catturati accidentalmente dai palangari e rilasciati in mare. Un progetto portato avanti grazie all’attivazione diretta di ricercatori e pescatori e finalizzato a individuare le migliori pratiche possibili per il rilascio degli squali catturati, valutare il rischio di frodi alimentari nei mercati italiani e promuovere misure di gestione adeguate in Italia e Albania.

* vicepresidente Wwf Italia

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