C’è stato un tempo non troppo lontano – diciamo, fino all’anno scorso – in cui le manifestazioni in difesa della Costituzione erano essenzialmente contro Berlusconi. Molte ne abbiamo viste, in genere a Milano sul modello del Palavobis 2002 (al tempo del «resistere, resistere, resistere»), negli ultimi anni organizzate dall’associazione Libertà e Giustizia – ancora a Milano nel febbraio 2011 (nel Palavobis diventato Palasharp) e a novembre scorso. Il Pd ha promosso manifestazioni simili (con Veltroni e l’ex presidente Scalfaro, un paio di volte) oppure ha aderito a quelle degli altri, sempre con la Costituzione negli slogan e spesso anche materialmente nelle mani dei partecipanti. La prossima manifestazione, però, che sarà a Bologna il 2 giugno, avrà come obiettivo polemico la Convenzione costituente, di cui si tende a parlare solo per il rischio (inesistente) che la presieda Berlusconi. Ma che invece preoccupa assai e in ogni caso i promotori del prossimo appuntamento in difesa della Carta, che si chiamerà «Non è cosa vostra». Sarà dunque una manifestazione contro l’idea dei «saggi» di Napolitano, forse ispirati da un progetto un po’ fumoso di Bersani, che è poi rapidamente diventata una proposta centrale nel discorso programmatico dal governo Letta. E il Pd che farà?
Non è presto per chiederselo, intanto perché mentre il ministro Quagliariello sta studiando i dettagli tecnici della Convenzione (che dovrebbe nascere niente di meno che sulla base di un ordine del giorno delle camere) c’è chi prevede, come il leghista Maroni, una fine anticipatissima dell’esecutivo «se la Convenzione non parte entro giugno». E poi perché come ricorda Sandra Bonsanti, direttrice di LeG «nella scorsa legislatura il Pd ha presentato una proposta di legge per fare del 2 giugno la festa della Costituzione, oltre che della Repubblica». Dalla festa della Costituzione alla festa alla Costituzione il passaggio rischia di essere rapido, visto che anche i riformatori più prudenti del partito democratico si sono limitati fin qui a dire no alla presidenza di Berlusconi (ancora ieri il neo ministro Andrea Orlando e Walter Veltroni). Tolta di mezzo la «inaudita» (copyright Renzi) e impossibile candidatura del Cavaliere – che al solito peserà nella nuova bicamerale ma vorrà tenersi le mani libere per affondarla a piacimento – la minaccia della Convenzione resta tutta. «No a una sorta di Bicamerale rafforzata che sarà comunque composta da figure che niente hanno a che spartire con i padri costituenti e che abbatte le garanzie essenziali previste dall’art.138», si legge nell’appello di convocazione della manifestazione di Bologna. Alla quale hanno aderito Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky.

Bologna potrebbe diventare l’occasione per contare i dissensi nel Pd, mentre a Roma sfilerà la parata militare. Dissensi non trascurabili, visto che in un modo o nell’altro la Convenzione dovrà necessariamente passare per una legge costituzionale che per evitare il referendum ha bisogno del voto dei due terzi del senato e della camera – la maggioranza Letta adesso ha un margine di soli 20-30 voti su quel quorum. Ieri hanno detto no alla Costituente i deputati Franco Monaco, Sandra Zampa e Pippo Civati. Gli ultimi due stanno scrivendo a tutti i colleghi e chiedono che questa scelta sia sottoposta al voto del gruppo. Zampa e Monaco sono i due parlamentari più vicini a Romano Prodi. La manifestazione di Bologna si terrà in piazza S. Stefano, sotto casa del professore.