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La costituzione al contrario, Vannacci e Prezzolini

La costituzione al contrario, Vannacci e Prezzolini

Commenti Per l’"intellettuale" vociano la conservazione è difesa della proprietà da ogni progetto di riforma radicale dell’ordine sociale e la ricchezza è un requisito del buon governo. Aleggia il fantasma del comunismo: non sarà - si chiede il generale - che dietro all’ansia per il clima si nasconda il tentativo dell’utopia anticapitalistica?

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 20 gennaio 2024

Giorgia Meloni lamenta l’esclusione per anni della destra politica dalla gestione di istituzioni culturali come la Rai. Per capire se ci fosse un motivo più razionale del pregiudizio, può essere utile leggere Il Manifesto dei conservatori di Giuseppe Prezzolini (1971), riedito nel 2014 a cura dell’attuale ministro della cultura Gennaro Sangiuliano.

IL VERO CONSERVATORE – per Prezzolini – difende tradizione e costumi, basati sulla continuità storica ma anche biologica: «Il più importante scopo di ogni comunità è quello di mantenere intatte le proprie caratteristiche di razza e di religione». Insomma: niente sostituzione etnica. Gli Stati uniti per lui correggevano virtuosamente la democrazia con il potere dell’«opinione pubblica» e cioè con i pregiudizi razziali! Per Prezzolini, inoltre, la conservazione è essenzialmente difesa della proprietà rispetto ad ogni progetto di riforma radicale dell’ordine sociale, tanto che a suo avviso la ricchezza è un requisito importante per esercitare il buon governo, in quanto essa è segno della capacità di vincere la sfida della competizione che ha perfezionato la «razza umana». La povertà o l’insuccesso, quindi, spesso dipendono da scarsa capacità e volontà di lavorare. Da respingere era quindi il coevo moto ascendente della scuola di massa, dato che «separare i migliori elementi dai peggiori» è «il sistema più adatto allo sviluppo sociale». Il vociano racconta inoltre che all’età di dieci anni, vedendo che le femminucce erano favorite rispetto ai maschietti, aveva ideato una rivolta armata contro le donne, esclamando infine: «Dio mi guardi se queste memorie capiteranno sotto l’occhio di uno psicoanalista» c’è «il rischio che mi giudichi un omosessuale in germe».

Va chiarito: Prezzolini o altri intellettuali di destra come Gentile non sono stati ostracizzati per via dell’egemonia culturale della sinistra, come sostiene anche Francesco Giubilei nel recente La cultura di destra e l’organizzazione della cultura, ma per la loro incompatibilità con il costituzionalismo democratico che ha fondato il patto sociale della prima repubblica sulla base materiale degli assetti geopolitici usciti dalla seconda guerra mondiale e, all’interno, dell’equilibrio fra il capitale e le forze del movimento operaio. È la fine di quell’assetto e di quest’equilibrio che negli ultimi decenni ha fatto straripare la costituzione materiale fuori da quella formale: ed è per questo che assistiamo al successo del libro del Generale Vannacci, che si può ben confortare con l’idea di una discreta sintonia con il Prezzolini di Sangiuliano.

DEL LIBRO DEL GENERALE Vannacci si è comprensibilmente parlato molto, per una serie di argomentazioni e dichiarazioni giudicate omofobe e xenofobe. Meno si è discusso delle sue tesi fieramente filo-proprietarie, intrinseche alle posizioni patriarcali ed etnocentriche. Per Vannacci uno dei segni della crisi presente di civiltà è infatti la tolleranza politically correct verso il furto di beni altrui e l’occupazione delle case. Il generale non sfugge al tema ormai rimosso dal discorso pubblico mainstream: non sarà che questi reati si possano spiegare con l’aumento della povertà? E invece anche per lui, come per Prezzolini, delle proprie condizioni non è responsabile il contesto sociale bensì la volontà individuale. Chi è povero se lo è meritato, mentre la ricchezza è frutto della capacità del soggetto di essere produttivo e mettere convenientemente in sicurezza la propria vita. La meritocrazia è infatti uno dei valori centrali rivendicati dal libro, assieme a quello della competizione generatrice di civiltà.

Per Vannacci le tasse vanno abbassate. Ma come Draghi e ora Meloni, non dice a chi e su cosa. Non che vadano alzate per le rendite, i patrimoni e i redditi sproporzionati e abbassate per i redditi più bassi e dei soggetti senza patrimonio: sarebbe appunto un’azione antimeritocratica! Va dato atto al generale di attivare anche nei confronti degli evasori la sua postura punitiva e repressiva, ma è sintomatico che ciò avvenga esplicitando in premessa un’empatica comprensione per chi commette quel tipo di reato, vista l’inefficienza dei servizi e l’esosità del pizzo di stato (Meloni), mentre contro il borseggiatore che può sembrarti per sbaglio anche uno stupratore omicida ogni difesa può essere legittima («matita nella giugulare» ad esempio).

IL FANTASMA del comunismo torna ad aleggiare: non sarà – si chiede il generale – che dietro all’ansia per il clima si nasconda il tentativo dell’utopia anticapitalistica di riportare in auge l’abolizione del mercato, della competizione e della ricchezza? Si tratta di valori pienamente in linea con quelli rappresentati dalla premier. Ma si tratta soprattutto di valori ampiamente contrari a quelli della costituzione repubblicana che, per esempio, è nata contro il pregiudizio nazionalistico per cui oggi all’Islam si associa il maltrattamento delle donne (Meloni, conferenza di fine anno) e a certe culture distanti la liceità dello stupro (Vannacci). Del resto, quando parla della patria per cui sacrificarsi anche a costo della vita, il generale fa anche riferimento ai caduti della prima guerra mondiale e di El Alamein. Tutte vite certamente da ricordare con profonda pietas, ma sacrificate sull’altare di un mondo appunto contrario rispetto a quello che avrebbe voluto fondare la Costituzione, nata invece dalla Resistenza partigiana. Mai nominata nel libro.

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