Visioni

La coscienza collettiva di un nuovo Don Giovanni

«Don Giovanni», regia di Mario Martone. Foto di Luciano Romano«Don Giovanni», regia di Mario Martone – foto di Luciano Romano

A teatro Mario Martone torna per la terza volta in 20 anni al San Carlo a mettere in scena il capolavoro mozartiano

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 24 febbraio 2024

Mario Martone torna per la terza volta in un paio di decenni a mettere in scena un suo Don Giovanni, sempre a Napoli e sempre al San Carlo. E prima ancora delle tre edizioni dell’opera, aveva approfondito proprio le vicende, e il «racconto» e il suono, del personaggio mozartiano nel corso di un laboratorio aperto a giovani artisti, ospitato alla Colombaia di Ischia, la villa che per lunghi anni fu il «rifugio» di Luchino Visconti, poi presa in carico dal comune. È quindi un rapporto lungo e intenso che dà luogo all’immagine di Don Giovanni per Martone, che nella regia d’opera aveva debuttato del resto con un’indimenticabile (molto malizioso e sempre mozartiano) Così fan tutte, che attirò poi anche la direzione di Claudio Abbado per una nuova storica edizione a Ferrara. Questo rapporto con il diabolico seduttore è andato quindi via via divenendo più solido, con un «giudizio» sul protagonista dell’opera che oggi appare più netto e definito.

Protagonista è Andrzey Filonczyk, Leporello è Krzysztof Baczyk

NON È PIÙ un compagno di «bagordi» giocherellone e seduttivo, ma lo spessore che va prendendo è quello di un eroe davvero poco raccomandabile. È positivo poter rilevare come un personaggio possa cambiare la considerazione universale su di sé in parallelo con la maturazione di una coscienza collettiva che va scoprendo in lui debolezze e attitudini «stonate» rispetto a prima: quella maniacalità dell’eroe verso qualsiasi gonnella scopre oggi il suo fianco meno civile e burlesco, fino a evocare una maniacale patologia. Senza prediche né moralismi: si percepisce però nettamente, ora, la sua lontananza, quasi incurabile, che non può essere accettata come semplice e brillante «esuberanza», quanto piuttosto sintomo per quanto atletico di «patologia».

È un ritorno, anche se dal 2002 molte cose sono cambiate. Certamente l’opera è quella di allora, ma gli spettacoli sono fatti per essere vivi. (Mario Martone)

Ma detta questa chiave di lettura e di ascolto, l’opera mozartiana resta un capolavoro di spettacolo: Martone sembra divertirsi (divertendo anche interpreti e pubblico) a dare esuberanza e scatto a quella indefessa «ricerca d’amore». I cantanti, come i personaggi che interpretano, saltano e corrono, duellano e si nascondono come vere figurine coscienziali, incuranti di rischi e pericoli, fisici quanto «morali»

PIANI SUCCESSIVI di scena si concentrano o si allargano, proprio come il respiro delle voci e la fisicità dei personaggi: tutto è «relativo» su quella scena, come le visioni, i valori, la morale. È il canto del racconto a tenere insieme ben legati i personaggi e i valori, gli scherzi e le delusioni. Insomma un panorama da manuale dell’umana debolezza e dei pericoli che può correre. Senza mai smorzare il sorriso e la partecipazione dello spettatore a quella danza di valori e burle e trasgressioni che sui personaggi corrono all’impazzata. Tutto grazie anche a una compagnia di canto non solo di belle voci, ma «complici» della visuale della regia e divertiti anch’essi di usare il proprio corpo oltre alla voce, che resta ovviamente protagonista prima nel racconto di Mozart e Da Ponte.

LO SCATENATO e indomito Don Giovanni è Andrzej Filonczyk, attore e atleta delle proprie malefatte, mentre il memorabile Leporello è Krzysztof Baczyk. Ma tutti i cantanti adempiono con passione e voce alla sarabanda erotica dell’opera. A dirigere (e al clavicembalo) è Constantin Trinks. La scena e i costumi, come nelle passate edizioni, sono di Sergio Tramonti, le coreografie di Anna Redi. Lo spettacolo globale è affascinante, a momenti rapinoso, ma lo sguardo verso quella moralità altra (spesso fievole) dona questa volta all’opera anche una robusta valenza «morale» (per quanto senza alcun moralismo di circostanza). Se non suonasse fuorviante, si potrebbe dire una potente, e sempre godibile, messinscena dal robusto valore «civile». Repliche fino al 27 febbraio.

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