La corsa al litio è in pieno svolgimento. A questo metallo bianco-argento, reattivo e infiammabile, è stato assegnato un ruolo strategico nella transizione energetica. Se è stato il petrolio a segnare la storia del ventesimo secolo, nei decenni a venire sarà il litio al centro degli interessi e la contesa per controllarne le riserve sarà sempre più aspra.

SCOPERTO ALL’INIZIO DEL 1800, il litio fino a 30 anni fa veniva prevalentemente impiegato nella preparazione di lubrificanti, nell’industria del vetro e della ceramica, per formare leghe metalliche con alluminio, manganese, cadmio. La forte crescita della domanda di questi anni e l’estrazione su larga scala sono legati alla produzione di batterie ricaricabili per veicoli elettrici, computer, telefoni cellulari. Ma anche le turbine eoliche e i pannelli fotovoltaici hanno bisogno di batterie al litio per accumulare energia e distribuirla quando non c’è il vento o il sole.

LE BATTERIE AGLI IONI DI LITIO si caratterizzano per avere il triplo di energia immagazzinata e il doppio di potenza rispetto a quelle tradizionali al nichel. Dalle Ande all’Australia la ricerca del litio è sempre più estesa e ha assunto un carattere di urgenza. Si cerca di stimare le riserve presenti nelle diverse aree del pianeta e quantificare il fabbisogno per le voraci industrie che producono batterie. L’industria globale del litio è in forte espansione e coinvolge sia i paesi che detengono il prezioso metallo che quelli che se lo accaparrano dopo che è stato immesso sul mercato dalle società minerarie.

SECONDO L’ULTIMO rapporto dell’Us Geological Survey, le riserve mondiali di litio ammonterebbero a 90 milioni di tonnellate e circa e il 60% del totale si troverebbe nel «triangolo del litio» costituito da Bolivia, Cile, Argentina. Ma sono stime che vanno verificate e va valutata nelle diverse realtà la convenienza economica ad estrarre il metallo. Quello che emerge dai dati è l’aumento della produzione globale tra il 2016 e il 2021: nell’arco di 5 anni è quasi triplicata, passando da 35 mila tonnellate alle 100 mila attuali. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia nei prossimi 20 anni la domanda di litio aumenterà di almeno 40 volte rispetto a quella attuale.

PER OTTENERE IL LITIO SI PUO’ PARTIRE dalla roccia o dall’acqua salata che lo contiene. Nei deserti di sale delle regioni andine si trova disciolto in concentrazioni relativamente elevate (fino all’1%) nei depositi sotterranei di acqua salata insieme a sodio, potassio, magnesio. L’acqua deve essere pompata in superficie e lasciata evaporare nei salares (saline) per alcuni mesi per aumentare la concentrazione del cloruro di litio. Il trattamento successivo avviene in appositi impianti dove il litio viene separato dagli altri metalli, combinato con carbonato di sodio (soda) per ottenere il carbonato di litio. E’ questo il prodotto finale che, essiccato e ridotto in polvere, viene commercializzato e utilizzato dalle industrie che costruiscono batterie. I salares dei paesi latino-americani hanno cambiato la geografia del litio.

QUESTA FORMA DI ESTRAZIONE ha costi di produzione inferiori rispetto alla tecnica impiegata partendo dalla roccia, ma l’impatto ambientale e sociale è devastante. Nelle aree confinanti con le zone di estrazione si verificano gravi fenomeni di siccità. La risalita di acqua salata dal sottosuolo per formare le saline fa affluire acqua dolce dalle zone circostanti, determinando uno squilibrio idrico che porta al prosciugamento di fiumi, laghi e falde acquifere nei territori in cui vivono molte comunità andine. Inoltre, le grandi quantità di soda e di altre sostanze chimiche che vengono impiegate hanno prodotto un avvelenamento irreversibile dei suoli.

IN AUSTRALIA E IN ALTRI PAESI IL LITIO si ottiene partendo dal principale minerale che lo contiene, lo Spodumene. Il minerale subisce una serie di trasformazioni chimiche che portano alla formazione di carbonato di litio. Si tratta di un processo che richiede il raggiungimento di temperature molto elevate e l’energia necessaria viene fornita dai combustibili fossili. Le imprese australiane sono quelle che hanno sviluppato le tecnologie più avanzate per lavorare i minerali ricchi di litio, ottenendo in alcuni anni una produzione superiore a quella degli altri paesi.

LA CINA E’ IL PRINCIPALE BENEFICIARIO del litio australiano. Il paese asiatico, pur essendo uno dei principali produttori di litio è anche il primo importatore mondiale. Anche in Canada, Russia e Usa sono presenti siti minerari per ricavare il metallo, ma bisogna sempre operare a grandi profondità perché sono rare le rocce che contengono litio a cielo aperto. Questo spiega l’assalto delle società minerarie al più accessibile litio in salamoia di Cile e Bolivia rispetto al quello di miniera. Sono quattro le società che controllano gran parte del mercato del litio: Sociedad Quimica y Minera (Cile), Talison (Australia), Chemetall (Germania), Fmc (Stati Uniti). I principali clienti sono i produttori asiatici di batterie agli ioni di litio. La Cina detiene il 60% della produzione mondiale di batterie, seguita da Giappone e Corea del Sud. I tre paesi asiatici detengono quasi il 90% della quota di mercato. Secondo il rapporto della Sne Research, la società cinese Catl controlla da sola il 32% delle vendite, seguita dalla coreana Lg Energy Solutions e dalla giapponese Panasonic.

ANCHE IN EUROPA SIAMO IN PIENA FEBBRE del litio. La produzione europea non supera il 2%, concentrata soprattutto nelle miniere di Spodumene del Portogallo, ma sono una decina i progetti che si propongono di estrarre litio dal sottosuolo europeo e le imprese australiane con la loro tecnologia sono in prima fila. Il Portogallo è al centro degli interessi, ma anche in Finlandia, nella regione dell’Ostrobotnia, e in Spagna, nella regione dell’Estremadura, si è pronti a scavare per portare in superficie il minerale. Per le sue caratteristiche geologiche viene esplorato con particolare interesse il territorio al confine tra Germania, Austria e Repubblica Ceca. L’Unione Europea ha destinato dei fondi (Programma Horizon 2020) a progetti sperimentali per ricavare il litio dalle acque geotermiche, in particolare nell’alta valle del Reno.

SI STANNO ANCHE STUDIANDO TECNICHE in grado di estrarre il litio dall’acqua marina, ma non sembra una strada percorribile perché la quantità presente è troppo bassa. La spasmodica ricerca di litio in ogni ambiente del pianeta è destinata a durare nel tempo. Si tratta, però, di una risorsa limitata e non rinnovabile e solo una parte delle riserve di litio che sono state individuate potrà essere portata in superficie. L’estrazione del litio avviene soprattutto in funzione degli autoveicoli elettrici che assorbiranno più del 70% della produzione totale. Ma sono molti gli interrogativi che accompagnano la corsa all’auto elettrica, vista come la soluzione di tutti i problemi. Non sono pochi gli studiosi che ritengono che si stia spingendo troppo sui veicoli elettrici, senza considerare gli elevati costi ambientali e sociali che l’estrazione del litio comporta: il grande impiego nel corso del processo produttivo di combustili fossili, l’elevato consumo di acqua (per ottenere un chilo di litio sono necessari 2 mila litri di acqua), i fenomeni di grave inquinamento dovute all’impiego di sostanze tossiche, le elevate quantità di gas serra che vengono liberate. Sono tutti fattori che ridimensionano, in gran parte, i vantaggi che derivano dall’utilizzo delle auto elettriche.