La corrente di Davigo insidia il primato di Area
Csm L’8 e il 9 luglio si eleggono i nuovi componenti togati dell'organo di autogoverno della magistratura. In ballo 16 posti per 21 candidati
Csm L’8 e il 9 luglio si eleggono i nuovi componenti togati dell'organo di autogoverno della magistratura. In ballo 16 posti per 21 candidati
Ancora una settimana di campagna elettorale, e poi giudici e pm voteranno per il rinnovo della componente togata del Consiglio superiore della magistratura. In campo 21 candidati per 16 posti, ripartiti per funzioni: risulteranno necessariamente eletti 2 della cassazione, 4 pubblici ministeri e 10 giudici di primo o secondo grado. Non c’è un voto di lista, ciascun elettore indica tre nomi, uno per funzione. Funziona così da quando il ministro leghista Castelli volle spezzare il «potere delle correnti», con il risultato di introdurre una sistema dal profilo più clientelare e notabilare.
Il ruolo delle correnti, però, non è scomparso. Ogni magistrato in lizza ha un’affiliazione e, tendenzialmente, i gruppi cercano i voti come se la competizione fosse fra liste. A difendere il primato è Area, la componente di sinistra che riunisce Magistratura democratica e Movimento per la giustizia, che quattro anni fa piazzò 7 consiglieri. Difficile possa bissare quel risultato: questa volta in gara c’è una corrente in più, quella fondata dall’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo, che può mietere consensi a destra e manca. La compagine davighiana è un mix di (ultra)conservatorismo «legge e ordine» e pulsioni «anti-casta» grilline che parlano alla pancia più corporativa delle oltre 8 mila toghe italiane: è certamente il gruppo che si avvicina di più all’attuale maggioranza di governo. Completano il quadro i candidati di Magistratura indipendente, la corrente di destra da cui Davigo si è staccato per fondare la propria, e quelli della centrista Unità per la Costituzione, che alla precedente tornata conquistarono rispettivamente 4 e 5 consiglieri.
Fra i temi al centro della contesa, i carichi di lavoro di giudici e pm, sottoposti anche loro a procedure di «valutazione di produttività» sempre più soffocanti. Per Davigo e i suoi la risposta sono i «carichi esigibili», cioè definire un numero massimo di procedimenti che ogni magistrato è tenuto a sbrigare, con buona pace di ciò che resta fuori. Area controbatte con un modello diverso di valutazione, che non misuri la professionalità sulla base puramente quantitativa del numero di cause. Altri nodi: le nomine di presidenti e procuratori capo, l’organizzazione più o meno gerarchica delle procure, il sostegno alle sedi disagiate. Area insiste anche sul riequilibrio di genere nei ruoli dirigenziali, soprattutto ora che le donne sono il 53% delle toghe.
A completare il Csm saranno poi gli 8 membri di nomina parlamentare: la seduta comune delle due camere è stata già fissata per il 19 luglio. Nella «seconda repubblica» consuetudine voleva che 5 fossero della maggioranza e 3 dell’opposizione: se fosse mantenuto questo schema, 3 andrebbero ai 5Stelle, 2 alla Lega, 2 al Pd (eventualmente d’intesa con Leu) e uno a Fi. Ma anche Giorgia Meloni potrebbe chiedere – non si sa se alla maggioranza o alle minoranze – qualcosa per sé. Fra loro verrà eletto dall’intero consiglio il vicepresidente che prenderà il posto di Giovanni Legnini. (J.R.)
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