Era il 1966 quando l’oncologo Cesare Maltoni introdusse a Bologna – per la prima volta in Italia e in Europa – lo screening gratuito per la prevenzione del tumore al collo dell’utero e alla mammella rivolto a tutte le donne di città e provincia. Basterebbe questo per capire la statura scientifica e umana di Maltoni e del suo approccio a una sanità pubblica per tutti, in difesa della salute dei cittadini. Medico, ricercatore, primo a scoprire gli effetti cancerogeni di cloruro di vinile, amianto, pesticidi, benzene. La personalità scientifica poliedrica di uno degli scienziati più brillanti, e poco conosciuti del Novecento, è al centro del documentario Vivere, che rischio. La coraggiosa storia del pioniere della ricerca scientifica: Cesare Maltoni dei registi Michele Mellara e Alessandro Rossi.

DAL RACCONTO delle sue battaglie per il bene pubblico e la prevenzione dei rischi ambientali emerge il forte valore politico che accompagna tutta la sua carriera. Un ritratto appassionato, rigoroso, a tratti ironico, poetico e insieme leggero grazie alle parti realizzate con la grafica animata. Il medico romagnolo, classe 1930, morto nel 2001, si laurea nel ’54 a Bologna e dopo un apprendistato a Chicago rientra nel capoluogo emiliano dove, grazie al sostegno di Luigi Orlandi, amministratore dell’ospedale Sant’Orsola, ex partigiano e senatore del Pci, rinnova l’ambulatorio dell’Istituto di Oncologia che dirigerà dal ’64 al ’97. L’archivio di casa Maltoni è una delle fonti principali del film: articoli scientifici, interventi a congressi, ritagli di giornali e riviste specializzate, oltre a interviste televisive, home movies, lettere di pazienti riconoscenti, e immagini di repertorio che restituiscono anche un quadro storico, politico e sociale dell’epoca. La voce narrante di Luigi Dadina si alterna alle testimonianze di Fiorella Belpoggi e Morando Soffritti, stretti collaboratori di Maltoni.

NEL ‘62 MALTONI è fra i primi a partecipare al congresso internazionale contro il cancro a Mosca e a studiare gli agenti cancerogeni prodotti dallo sviluppo industriale e gli effetti del cloruro di vinile sugli operai del petrolchimico di Porto Marghera, una ricerca che per anni lo porta a testimoniare ai processi contro le industrie e gli fa temere per la sua vita. Le sue scoperte hanno segnato una svolta per la grande industria, che inizia a imporre le sue regole sulla ricerca e a svolgere ricerche autonome e di parte per ridurre l’impatto degli studi indipendenti. L’istituto Ramazzini, il centro di ricerca sul cancro fondato nell’87 in un castello della bassa emiliana, diventa meta di delegazioni provenienti da tutto il mondo, mentre Maltoni soffre per l’indifferenza e l’ostilità di parte della comunità scientifica.

Dopo aver provato che il tumore al polmone è un rischio per i lavoratori esposti all’amianto il collegium Ramazzini lancia l’allarme sulla benzina. I risultati sugli effetti del benzene gli procurano delle minacce. Se dopo gli studi sul cloruro di vinile c’è stata una rivoluzione negli impianti, per il benzene comincia il contrasto dei dati da parte dell’industria per evitare di prendere provvedimenti. Dopo l’incidente di Chernobyl l’istituto riceve molte richieste sui rischi da radiazioni, così nei laboratori si esegue un grande esperimento su 18.000 ratti. Maltoni crea anche il primo hospice per le cure palliative per malati terminali, ancora attivo. Dopo l’anteprima al Biografilm Festival di Bologna, il film proseguirà il suo tour delle città italiane, fra cui Treviso il 25 novembre e Torino il 2 dicembre (tutte le proiezioni su iwonderpictures.com/vivere-che-rischio-lista-delle-sale/).