La Corte Costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le questioni di legittimità sollevate dal gip Patrizia Todisco e dal Tribunale dell’Appello di Taranto sulla legge «salva-Ilva». Dopo due ore di udienza e quattro di camera di Consiglio, i giudici supremi della Consulta hanno stabilito che la legge in questione, la n. 231 approvata lo scorso 21 dicembre dal parlamento, non viola alcun articolo della Costituzione.

Ciò vuol dire che non è stato rilevato un conflitto tra poteri dello Stato, tra il legislatore e la magistratura. Questa decisione comporta che la produzione di acciaio continuerà, pur seguendo le prescrizioni fissate dall’Aia e contenute nel testo varato il 24 dicembre scorso. Ma significa anche che verranno dissequestrate il milione e 700 mila tonnellate di materiale sequestrato dalla Procura in quanto corpo di reato dallo scorso 26 novembre. Significa che, almeno per il momento, il comparto manufatturiero e della meccanica italiana potrà continuare ad approvvigionarsi dell’acciaio Ilva (l’impianto ionico soddisfa il 40% dei bisogno del mercato italiana) evitando di approvvigionarsi dall’estero.

Si conclude dunque, almeno per il momento, il conflitto giudiziario che ha visto la magistratura tarantina e l’Ilva in contrasto dallo scorso 26 luglio, quando avvenne il sequestro preventivo dell’area a caldo del siderurgico tarantino. Ma l’inchiesta per disastro ambientale proseguirà parallelamente a quella denominata «Ambiente svenduto»: non sono infatti da escludere a breve nuovi provvedimenti da parte della procura di Taranto. Anche se le motivazioni della decisione saranno depositate nei prossimi giorni, in una nota ufficiale la Consulta ha dichiarato che le norme della legge sull’Ilva «non violano i parametri costituzionali» perché «non influiscono sull’accertamento delle eventuali responsabilità derivanti dall’inosservanza delle prescrizioni di tutela ambientale, e in particolare dell’autorizzazione integrata ambientale riesaminata» e che le norme censurate «non hanno alcuna incidenza sull’accertamento delle responsabilità nell’ambito del procedimento penale in corso davanti all’autorità giudiziaria di Taranto». Esultano i sindacati metalmeccanici, Confindustria, Federacciai, così come la stragrande maggioranza dei partiti tradizionali che si sono da sempre schierati a sostegno della legge.

Ma il futuro dell’Ilva è tutt’altro che chiaro. Il gruppo Riva a breve presenterà il bilancio 2012. Dopo di che nominerà Enrico Bondi ad dell’Ilva Spa, che diventerà una società autonoma rispetto al gruppo Riva Fire, con l’ingresso nel Cda di personalità esterne al gruppo a tutt’oggi sconosciute. Sempre nei prossimi giorni dovrà essere presentato il piano industriale, così come il piano investimenti che dovrà garantire la copertura finanziaria agli interventi di risanamento degli impianti, stimati dall’azienda in oltre 2,5 miliardi di euro. Intanto, sino al marzo 2014, tutta la fabbrica sarà “occupata” con contratti di solidarietà.

E proprio lunedì sera, all’interno dello stabilimento, si è verificato l’ennesimo incidente: l’ottavo dall’inizio dell’anno, di cui uno mortale. Una pensilina in ferro e cemento di 30 metri di lunghezza e 10 di larghezza, adiacente una palazzina adibita a laboratori, vetreria e falegnameria, è crollata per cause in corso di accertamento. Nella struttura, vuota al momento dell’incidente, sono impegnati oltre 350 operai nel turno del mattino. I dipendenti ieri sono stati mandati a casa, in attesa di accertare le cause del crollo e l’agibilità della zona: l’Ilva, come sempre, ha minimizzato sull’accaduto.