La comunità curda in Svezia è tra le più numerose di tutto il continente europeo seconda solo alla Germania, conta circa 100 mila appartenenti come in Francia. Con lo scoppio della guerra in Ucraina i paesi nordici vicini alla Russia come Finlandia e Svezia hanno deciso di abbandonare la loro storica neutralità (in Svezia mantenuta per quasi 200 anni) e, prima con l’invio delle armi a Kiev e poi con la richiesta di adesione alla Nato, hanno scelto stabilmente la loro collocazione internazionale anche in ambito militare. Il processo di adesione dei due paesi è stato bloccato dalla Turchia che ha imposto pesanti condizioni per il suo sì. Condizioni firmate nel meeting Nato a Madrid, lo scorso maggio, nel quale i turchi hanno preteso dai due paesi il rimpatrio di decine di dissidenti turchi e curdi.

Incontriamo per questo, a pochi giorni dal voto legislativo in Svezia, i rappresentanti della comunità curda nel loro ufficio al centro di Stoccolma. La sede è un continuo via vai di attivisti che contano le firme in calce alla petizione contro le scelte del governo svedese ma è anche luogo di incontro e di semplice intrattenimento davanti a un mega schermo che trasmette in lingua curda. Ad accoglierci Zagros Andaryari dell’Ncdk (il centro curdo per una società democratica) e Hakan Cifci, membro del Congresso nazionale curdo dove si occupa di relazioni internazionali. La comunità curda, ci dicono, non si è stupita del comportamento del governo socialdemocratico di scambiare le loro vite in cambio dell’ingresso nella Nato. «Sono anni» ci dicono «che la Säpo (la polizia per la sicurezza interna) ha rapporti con il Mit turco (i servizi segreti)». Questo aveva già portato, negli ultimi 3 anni, molti cittadini di origine curda a vedersi rifiutato il permesso di soggiorno e a ricevere il foglio di via dal paese scandinavo.

«In Svezia – continuano i rappresentanti curdi – è radicata la convinzione, in alcune parti dell’apparato dello Stato, che a uccidere il presidente socialdemocratico Olof Palme, nel 1986, fossero stati dei sicari di origine curda». «È assurdo e illogico, visto le posizioni a favore della nostra causa che Palme ha sempre avuto» sintetizzano. Adesso però, come ci dimostra il caso del giovani attivista omosessuale Znar Bozkurt, la stretta del governo svedese contro la comunità si sta facendo sempre più forte. Nessuno della lista presentata da Erdogan a Madrid è stato, per ora, estradato in Turchia ma è convinzione diffusa che da domani, dopo il voto, qualcuno di quella lista potrebbe essere arrestato. «La comunità curda in Svezia ha sempre votato in maggioranza per il partito socialdemocratico ma ci sentiamo traditi» afferma Andraryari. Cifci che per un paio d’anni è stato responsabile dell’Uiki (ufficio d’informazione curdo in Italia) sintetizza con una battuta la posizione della premier Andersson: «Si è comportata come D’Alema con Ocalan».

«Non ci perdiamo d’animo: ogni tentativo di estradizione lo impugneremo davanti ai tribunali di Svezia e davanti alla Corte di giustizia europea, non è possibile mandare a morire le persone nelle carceri di un regime fascista come quello turco». «La verità – conclude Cifci – è che i curdi danno fastidio non solo perché rivendicano uno stato per il loro popolo ma anche perché, come dimostra l’esperienza del confederalismo democratico nel Rojava, noi ci battiamo per una società socialista, femminista e ambientalista. Vogliono annientarci proprio per questo, ma non ci riusciranno».