verità nascoste
Rubriche

La chiaroveggenza femminile e la sessuofobia

Verità nascoste La rubrica settimanale a cura di Sarantis Thanopulos
Pubblicato più di un anno faEdizione del 25 febbraio 2023

Ci sono due tipi di cecità. La prima è la cecità «esterna»: è una limitazione forte e ingiusta della vita che viene compensata dall’affinamento del resto della sensorialità e della sensibilità interiore.

La seconda è la cecità “interna”: una grave malattia dell’anima che ci affligge. Rende piatta, superficiale la percezione della realtà. La fa diventare una registrazione di immagini il cui significato è più il risultato di una proiezione, manipolazione mentale che di una sedimentazione, elaborazione di impressioni che lasciano il loro segno in profondità trasformando la materia psicocorporea della nostra soggettività. La cecità interna è autoreferenzialità, costruzione di realtà mentali che si sovrappongono all’esperienza del mondo.

Siamo diventati insensibili alla distruzione dell’ambiente, del lavoro, delle relazioni, delle giovani generazioni, degli spazi comuni, perché soffrendo di cecità interiore abbiamo perso la chiaroveggenza: ciò che accade è senza memoria e non è collegato a ciò che accadrà, la concretezza del fatto ha dissolto il suo passato e il suo divenire. L’eclissi della chiaroveggenza è eclissi della femminilità, perché lo sguardo che attraversa l’oscurità è femminile.

In una sua lettera a Lou Salomè, Freud scrisse che quando si trovava alle prese con una questione particolarmente oscura doveva «accecarsi» artificialmente per penetrarla. Lui uomo doveva sospendere dentro di sé lo sguardo maschile indagatore, in difficoltà nelle strade impervie, perché potesse vedere con occhi femminili chiaroveggenti: gli occhi dell’attesa intuitiva che ama, presentendolo, l’inatteso.

Lo sguardo maschile e quello femminile seguono direzioni opposte. Il primo guarda le cose a occhi aperti andando dal fuori verso il dentro. Osserva, prende le misure, esplora, formula ipotesi, calcola le probabilità. Tende a rendere prevedibile ciò che indaga, ferma e riproducibile la configurazione del suo oggetto conoscitivo. È limitato dalle sue qualità osservative che gli consentono di guardare i dettagli con minuziosità, ma lo irrigidiscono di fronte al cambiamento di prospettiva.

Lo sguardo femminile guarda il mondo dal dentro verso il fuori. Coglie le relazioni nella loro essenzialità, si dispiega per associazioni e connessioni libere, indovina i passaggi, si lascia trasportare dalla meraviglia e dalla curiosità senza diventare dispersivo. Vede, sognando, a occhi chiusi: lascia che le percezioni del giorno si depositino di notte in profondità e diventino parte del movimento del desiderio, la spinta interna che estroverte la soggettività. Coglie nelle rovine la loro perduta integrità e espressività -perché il ricordo legato al desiderio resta vivo interiormente- e ha la premonizione della sua presenza come potenzialità e del suo ritorno.

Da almeno un secolo si sogna la chiaroveggenza femminile al governo della Città. E sempre di più, ostinatamente, la sviliamo. Non è per distrazione o per mancanza di perseveranza e di continuità. In modo anonimo, ma preciso, mirato, la chiaroveggenza è colpita nella sua fonte: l’eros femminile. È sistematicamente neutralizzato nella sua destrutturante, liberatoria, divinatoria profondità e libertà l’orgasmo della donna. Nel coinvolgimento, godimento erotico della donna, l’eccitazione che viene dalla superficie scendendo in profondità si incontra con l’apertura della sua materia sessuale che sale dall’interno verso l’esteriorità in un vortice ritmico che respira insieme al suo corpo e con i ritmi del mondo.

Il corpo non è poca cosa per un donna. È tessuto desiderante fatto di carne e di ossa, di emozioni, di sogni, di poesia. Pre-sente la realtà, si schiude ad essa e la schiude al suo sentimento sapiente. Questo corpo è oggi oggetto di scarnificazione. Si parla di xenofobia, omofobia, transfobia (la paura espulsiva dell’altro in noi). Sottende tutto una sessuofobia dilagante che seppellirà la civiltà, se non la combattiamo.

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