Cinquemila fazzoletti rossi hanno invaso il vaticano, anche se solo per poche ore. Per la prima volta nella storia, ieri mattina circa 5 mila tra delegati, attivisti e dirigenti Cgil – bardati da foulard al collo in buona parte rossi – hanno varcato piazza San Pietro per essere ricevuti in udienza da Papa Francesco nell’aula Paolo VI. E ascoltato l’esortazione di Bergoglio «a fare rumore» sui «troppi morti sul lavoro» che sono «una sconfitta per la società», ma anche sul ruolo del sindacato: «Non ci sono lavoratori liberi senza sindacato».

Un incontro che segue la presenza di una delegazione della Cgil all’udienza privata del 16 giugno 2019 e, soprattutto, la grande manifestazione per la pace del 5 novembre scorso a piazza San Giovanni a Roma, dove al fianco del sindacato hanno sfilato decine di associazioni cattoliche per dire no a tutte le guerre e per chiedere più diplomazia e meno armi nella risoluzione del conflitto in Ucraina.

Quel giorno si sono costruite le condizioni per l’udienza generale riservata a tutta la Cgil.

Nel suo saluto iniziale, un emozionato Maurizio Landini ha ringraziato il pontefice e affermato la volontà della Cgil di «essere un sindacato di strada per affermare i diritti della persona nei luoghi di lavoro. Seguendo i suoi insegnamenti abbiamo trovato una grande consonanza. La sua costante ricerca del dialogo tra diversi, l’invito alla fratellanza e del prendersi cura degli altri sono la condizione per realizzare, qui e ora, quella rivoluzione culturale e quella trasformazione sociale di cui anche noi avvertiamo il bisogno per dare un futuro al nostro pianeta».

Il segretario Cgil ha rimarcato «la volontà comune di essere costruttori di pace e di mettere fine a una guerra, causata dalla grave invasione russa». Al centro del discorso però c’è il lavoro, «inteso come realizzazione e dignità della persona», in un’epoca in cui «si calpestano i diritti e la dignità d’intere generazioni, e la precarietà diventa un eterno presente». Un’epoca, inoltre, in cui si continua a morire sul lavoro: «una vera e propria strage che va fermata».

Infine, il segretario Cgil ha messo in evidenza «il percorso che possiamo fare insieme, laici e cattolici, per cambiare una società fondata sulla competizione, l’egoismo, lo sfruttamento, le tante forme di solitudine, per affermare invece il valore della eguaglianza. Oggi abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la casa comune».

«Bravo quel ragazzo», gli dice Bergoglio appena finisce il suo discorso, tra un sorriso e l’applauso, uno dei tanti, della platea Cgil che poi consegnerà al papa come dono uno striscione con la scritta «lavoro, pace, fraternità» sui colori della pace e sotto una rappresentazione del mondo del lavoro con le bandiere rosse.

Papa Francesco li esorta «a fare rumore per dare voce a chi non ha voce». Ai giovani, ai precari, a chi non ha un lavoro e anche a chi lo ha ma è insoddisfatto. Per il Santo Padre il compito del sindacato è quindi quello di «educare al senso del lavoro, promuovendo una fraternità trai lavoratori», che è il «sale di un’economia sana», capace cioè di «rendere migliore il mondo», perché «rinunciare a investire sulle persone è un pessimo affare per la società».

Tra le storture dell’attuale mondo del lavoro, per Bergoglio c’è «la cultura dello scarto», che ha invaso il mondo del lavoro, «là dove la dignità umana viene calpestata dalle discriminazioni di genere», dal precariato giovanile, nella cultura dell’esubero, perché i lavori più usuranti sono poco tutelati.

Il Papa si è poi detto preoccupato per la sicurezza sul lavoro e per lo sfruttamento delle persone, «come se fossero macchine da prestazione»: «Ci sono forme violente, come il caporalato e la schiavitù, la costrizione a turni massacranti, il gioco al ribasso nei contratti, il disprezzo della maternità, il conflitto tra lavoro e famiglia. Quante contraddizioni e quante guerre tra poveri si consumano intorno al lavoro».