La centrale idroelettrica può attendere
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La centrale idroelettrica può attendere

Energia Enel intende costruire un impianto per la produrre energia al confine tra Abruzzo e Molise, in una delle aree più protette d’Italia. Ecologisti e gli enti locali lanciano l’allarme
Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 settembre 2023

In una delle aree tra le più protette d’Italia, al confine tra Abruzzo e Molise, in tre comuni della provincia di Isernia (Castel San Vincenzo, Pizzone e Montenero Valcocchiara) e in uno di quella di L’Aquila (Alfedena), Enel Green Power SpA è intenzionata a realizzare una centrale idroelettrica in caverna da 300 MW, quale potenziamento di una centrale già esistente. Il nuovo impianto, denominato Pizzone II, prevede la produzione di energia attraverso il ripompaggio in 8 ore di più di 2 milioni di metri cubi di acqua dall’invaso di Castel San Vincenzo a quello di Montagna Spaccata con conseguente abbassamento quotidiano del livello dell’acqua fino a 20 metri: per farlo, oltre alla nuova centrale, è prevista la realizzazione di svariati chilometri di gallerie e condotte forzate, pozzi piezometrici, turbine, opere di presa e restituzione, cavi aerei e manufatti esterni di servizio come strade di accesso e piazzali.

SOLO PER REALIZZARE QUESTI ULTIMI INTERVENTI si prevede il taglio di boschi e la cementificazione del suolo per decine e decine di migliaia di metri quadri. Nei sei anni di lavori annunciati, si calcola che saranno asportati e movimentati 975.000 metri cubi di terreno per scavi e sbancamenti che, come ammesso dai progettisti, potranno influire sul contesto geomorfologico-idrogeologico, determinando pericolo di frane e inquinamento di corsi d’acqua e invasi. Come si accennava, l’area interessata è sottoposta ad una serie di vincoli che ne dovrebbero fare uno dei siti a maggiore tutela. Gli interventi previsti, infatti, ricadono nel perimetro del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (zona classificata «riserva generale orientata») e nella sua fascia di protezione esterna.

VI SONO POI VINCOLI A LIVELLO EUROPEO: il sito è all’interno di una Zona di Protezione Speciale e di due Zone Speciali di Conservazione della Rete Natura 2000, attraverso cui l’Unione Europea protegge la biodiversità del nostro continente. Ma non solo: oltre ad essere classificata come IBA (Important Bird and Biodiversity Area), il luogo scelto è caratterizzato dalla presenza di numerose aree vincolate dal punto di vista paesaggistico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dei Piani Paesistici regionali di Abruzzo e Molise. Proprio in questi giorni, il Wwf Molise (tra i primi ad attivarsi contro questo intervento) ha poi segnalato come a meno di duecento metri da un’area destinata ad ospitare un deposito del materiale scavato, sono state rinvenute tracce inequivocabili del passaggio di un orso bruno marsicano attratto dalla ricchezza di cibo a disposizione (fichi, corniole, faggiole…).

UN PROGETTO DI TALE PORTATA, COME PURTROPPO accade spesso in Italia, invece di essere illustrato e spiegato alle popolazioni coinvolte, agli enti locali e ai portatori di interesse, è andato avanti sottotraccia per essere pubblicizzato il 7 agosto, concedendo solo 30 giorni di tempo per presentare osservazioni nell’ambito della Valutazione di Impatto Ambientale promossa presso il Ministero dell’Ambiente. Comportamento ancora più ingiustificabile se, come si legge nella documentazione della società proponente, il primo studio di prefattibilità dell’opera risale al 2021.

MALGRADO IL TENTATIVO DI FAR PASSARE sotto silenzio l’intervento, la reazione di associazioni ambientaliste, operatori economici ed enti locali non si è fatta attendere. L’allarme è stato rilanciato a più livelli ed è partita una mobilitazione spontanea che in poche settimane è cresciuta a livello locale e non solo: sono state organizzate assemblee pubbliche e presentate osservazioni tecniche da parte di associazioni, comitati ed enti locali, come il Comune di Castel San Vincenzo che ha evidenziato, insieme al fortissimo impatto ambientale, quello economico legato alla perdita di attrattività turistica.

A INIZIO SETTEMBRE È POI ARRIVATA LA PRESA di posizione del Parco che, nell’ambito del procedimento di valutazione avviato, ha dichiarato l’istanza dell’Enel «assolutamente improcedibile», atteso che la legge quadro sulle aree naturali protette stabilisce che nei parchi «è vietata la modificazione del regime delle acque». A fronte di questa reazione, l’Enel ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di sospendere l’iter autorizzativo al fine di consentire una serie di confronti e approfondimenti con il territorio. Questa decisione rappresenta un primo, importante risultato della mobilitazione, ma non può considerarsi una vittoria. La sospensione dell’iter non è una rinuncia all’intervento, ma un semplice cambio di strategia dopo che il tentativo di procedere con il blitz di ferragosto è naufragato.

L’AVVIO DI UN CONFRONTO – ANCHE SE TARDIVO – può essere utile, nella consapevolezza però che il progetto in discussione presenta criticità tali da non poter essere migliorato, richiedendo al contrario un totale cambio di impostazione attraverso una sua esplicita rinuncia. «L’Italia deve accelerare molto sulle rinnovabili e come associazioni ambientaliste abbiamo dimostrato che è possibile arrivare al 100% di energia elettrica approvvigionata da fonti rinnovabili entro il 2035», sottolinea Mariagrazia Midulla, responsabile Clima&Energia del Wwf Italia. «Questo consentirebbe di abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili, abbattere le emissioni climalteranti e anche quelle che inquinano i nostri polmoni. Gli accumuli, come i pompaggi, sono indispensabili per fare a meno dei combustibili fossili perché permettono di usare energia rinnovabile quando serve, ma dobbiamo puntare a minimizzare l’impatto sia programmando bene l’uso del territorio, sia puntando sui progetti che da questo punto di vista offrono maggiori garanzie».

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