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La cavea della diversità

La cavea della diversitàThe Epidaurus Lyceum

Intervista Parla Vangelis Theodoropoulos, direttore artistico del Festival di Atene e Epidauro, ospite a Roma per dibattere intorno a «Politica, cultura e società», in un incontro organizzato da Guido Di Palma, all’interno del corso Storia della regia della Sapienza

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 13 aprile 2019

«Immaginiamo il Festival come un soffio di vita, una forma di intrattenimento, una proposta di riflessione e una partecipazione comune».
Vangelis Theodoropoulos, direttore artistico dal 2016 del celebre Festival di Atene e Epidauro, è in Italia, ospite a Roma per dibattere intorno a Politica, cultura e società, in un incontro organizzato da Guido Di Palma, all’interno del corso Storia della regia della Sapienza. Nato ad Atene nel 1953, Theodoropoulos ha fondato la Nea Skini Technis (New Art Scene) che, dal 1997, è ospitata permanentemente al Neos Kosmos Theatre. Oltre ad aver diretto opere fondamentali greche, ad avere uno sguardo sempre puntato alle produzioni contemporanee globali, ha rivolto anche un’attenzione speciale ai bambini, non ultimi i degenti negli ospedali.

La Grecia – e Atene soprattutto – dopo tempi molto bui, sta cominciando a risollevarsi. Cosa ci può dire al riguardo? Esiste un welfare attivo in campo culturale?
Mi chiedo se le cose stiano davvero così o se questo è solo un pio desiderio da parte nostra. Tuttavia, possiamo dire che le cose stanno migliorando, almeno in piccola misura. Ho molti dubbi sul fatto che il governo percepisca la cultura e l’arte come delle vere necessità, come un bene inestimabile o uno strumento per offrire conforto alle persone. Attualmente, non esiste un welfare per il settore culturale. Quel poco che in passato abbiamo avuto è saltato con la crisi. Ora siamo nel bel mezzo di un periodo pre-elettorale. Sia il governo che l’opposizione promettono molte cose. L’esperienza ci ha insegnato che i vasi vuoti risuonano di più. È impossibile sostenere la cultura senza soldi e, al momento, non ce ne sono o almeno non si spende denaro in questo campo.
Per quanto riguarda il mio settore – il teatro – alcuni direttori e dirigenti di organizzazioni culturali pubbliche provano a fare del loro meglio, nonostante i vari problemi che li affliggono, ma non riescono mai veramente a essere indipendenti dal governo. Detto questo, ci aspettavamo una posizione diversa sia da parte del governo che del Ministero della cultura. Dall’altro lato, ci sono numerosi collettivi indipenenti, di teatro e danza; solo ad Atene si tengono oltre 1300 spettacoli ogni anno. Queste produzioni sono generalmente realizzate con budget molto ridotti (austerità e povertà sono due cose diverse) e gli artisti sono sottopagati. Non ci può essere futuro in queste circostanze. Gli artisti non possono impegnarsi nell’attività scelta senza riuscire a sbarcare il lunario.

Il direttore Vangelis Theodoropoulos

Cosa intende per cultura sociale? Il suo festival come declina questo concetto?
Il Festival di Atene e Epidauro si rivolge a un pubblico molto vasto. Ogni anno debutta il 1 giugno e termina il 15 agosto e vi partecipano oltre 250mila spettatori – il che significa che non è rivolto a una élite. Gli spettacoli si tengono ad Atene, Pireo ed Epidauro. Il teatro di Epidauro ospita ogni venerdì e sabato pièce degli antichi drammaturghi greci e conta su una capienza fino a 11mila persone. Ogni anno vengono presentate 8 nuove produzioni, sia greche che internazionali. C’è anche un secondo teatro antico, più piccolo, a Epidauro, con una capacità di mille spettatori, situato vicino al mare. Qui, negli ultimi anni, artisti giovani hanno presentato le loro interpretazioni alternative del dramma antico. «Little Theatre» quest’anno si amplia, includendo opere classiche o neoclassiche, ispirate all’antico dramma o ai miti greci. Comprende anche danza, musica, performance e proiezioni cinematografiche.
The Epidaurus Lyceum, invece, è un’istituzione educativa, una scuola estiva rivolta a studenti di recitazione e giovani attori, in collaborazione con il Dipartimento di studi teatrali dell’università del Peloponneso (tema di quest’anno Reinventing ancient drama). Inoltre, nell’area di Argolis abbiamo lanciato una serie di progetti, fra i quali il laboratorio creativo per bambini. Ad Atene, il principale luogo di «azione» è l’Odeon romano, all’ombra dell’Acropoli. Negli ultimi tre anni il suo programma si concentra sulla musica – orchestre e solisti, musicisti contemporanei, compositori e artisti greci. A Peiraios 260 continuiamo la tradizione che è stata lanciata 13 anni fa dal precedente direttore, Yorgos Loukos. Nell’iconico complesso industriale vengono proposti lavori di avanguardia.
I bambini rappresentano per noi un gruppo sociale particolare: per la prima volta, stiamo introducendo eventi per l’infanzia nel programma di Peiraios 260, con lo scopo di coinvolgere attivamente i più piccoli.
Fra le novità, c’è «Apertura alla città». Fin dal suo lancio nel 2017, questa sezione di eventi site specific – ad Atene e Pireo – ha voluto disseminare il Festival oltre le sedi convenzionali, promuovendo l’arte come veicolo per familiarizzare con gli spazi urbani e incoraggiare una presenza più attiva dei collettivi.

Qual è la linea guida della rassegna nell’edizione 2019?
Nella società in cui siamo costretti a vivere in questo presente, gorgogliante di disordini, e numerosi contrasti che minacciano la stabilità, abbiamo scelto di sottolineare la dimensione sociale del Festival, la sua capacità come istituzione educativa e culturale. Ci siamo voluti concentrare su un aspetto cruciale per l’armonia comunitaria e per l’esistenza stessa di ognuno: è il rispetto e la tolleranza degli altri, indipendentemente dal background etnico, dal genere e dall’orientamento sessuale. Con questo in mente, il Festival rende omaggio alla «diversità» e alla «differenza», quello che si potrebbe definire il più ovvio dei diritti, cioè il diritto degli individui di essere chiunque essi vogliano e di identificarsi a loro piacimento. Una considerazione questa che si riflette anche nella formula visiva ufficiale dell’edizione 2019: la figura di un ermafrodito, aperta a molteplici letture.

Sia la Grecia che il mondo intero sono attraversati da problemi consistenti che non possiamo trascurare: una paura crescente contro chiunque sia percepito come «diverso»; uno spostamento in direzione dei cosiddetti valori tradizionali che alimenta pratiche di esclusione; il ritorno del fascismo. Siamo preoccupati, anche per come affrontarli. Come riunire differenti tipologie di pubblico? In che modo arte e intrattenimento possono rispondere alle esigenze sociali attuali, senza perdere l’alto livello artistico? Questo tema viene approfondito, esplorando la diversità in tutte le varie forme che può assumere. Con questa parola, infatti, non si intende solo una questione di genere, ma anche il rapporto con le minoranze etniche e le culture poste ai margini da quella ufficiale.

Come vede la posizione della Grecia in questa Europa?
Nel corso dell’ultimo decennio dell’agenda economica, la Grecia ha conosciuto il volto molto duro dell’Europa, soprattutto da parte di quei paesi che hanno un ruolo guida nell’Ue. Non mi spingerò fino a dire «no» all’Unione europea, ma dobbiamo lottare con tutte le forze per mantenere una posizione di uguaglianza tra gli Stati membri. Altrimenti, la nostra battaglia finirebbe per essere vana.

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