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La carta del riso non è fatta col riso

Naturalmente! Si trova in commercio della carta chiamata carta di riso, la quale però col riso ha a che fare soltanto molto alla lontana. La sua origine è antichissima, nell’estremo Oriente, […]

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 11 gennaio 2018

Si trova in commercio della carta chiamata carta di riso, la quale però col riso ha a che fare soltanto molto alla lontana.
La sua origine è antichissima, nell’estremo Oriente, da cui ha proviene, e originariamente forse era davvero fabbricata con la paglia di riso.
Quella normalmente in commercio in Occidente è la carta di riso giapponese, chiamata washi, le cui origini risalgono probabilmente al VII secolo e a qualche inventore cinese. La carta è preparata dalle fibre della corteccia di varie piante, fra cui quella chiamata gampi, della famiglia del gelso. Carta di gelso era comunque fabbricata in Cina da tempi antichissimi. Carta detta «di riso» si ottiene dalle cortecce di altre piante appartenenti al genere daphne.
Uno dei processi di fabbricazione del washi consiste nel tenere immerse in acqua per alcuni giorni le cortecce; le fibre cellulosiche vengono poi separate, lavate e subiscono un trattamento meccanico per ammorbidirle. Alla sospensione in acqua delle fibre viene addizionata una soluzione contenente una mucillagine collosa ricavata dalla radici di una specie di ibisco.
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La miscela di fibre e mucillagine viene agitata bene e poi viene filtrata attraverso un telaio costituito da strisce molto ravvicinate; una parte delle fibre viene trattenuta sul telaio in forma di foglio.
L’operazione viene ripetuta e i vari fogli sovrapposti sono sottoposti a pressione per eliminare gran parte dell’acqua. I singoli fogli vengono poi essiccati su una piastra scaldata.
I fogli di carta washi così risultanti possono essere dipinti o stampati; anzi probabilmente questa particolare carta è nata proprio per accogliere gli scritti a mano in caratteri cinesi e giapponesi che sono delle specie di disegni e la cui scrittura è stata una vera arte.
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La carta washi è bella, traslucida e pregiata. In Giappone vene usata nelle porte che separano i locali, al posto del vetro come da noi, per ornamenti e opere di artigianato.
Durante la II guerra mondiale con carta washi, impermeabile e molto resistente, i giapponesi fabbricarono grandi palloni aerostatici del diametro di dieci metri, riempiti di idrogeno, capaci di trasportare delle bombe anche a grandi distanze; alcuni, trasportati dai venti, attraversarono l’Oceano Pacifico e arrivarono in California.
Da noi la carta washi viene usata per stampare diplomi, partecipazioni di nozze, per disegnare e dipingere, per paralumi; i disegni su washi possono essere ritagliati e applicati su vetri, vasi, eccetera.
Per le sue particolari caratteristiche, la carta washi ha anche impieghi meno frivoli come nei restauri di pitture e quadri e di documenti cartacei e per rilegature di libri.
Il sempre ricco di notizie «Dizionario di Merceologia e di Chimica applicata» di Vittorio Villavecchia, pubblicato da Hoepli in molte edizioni, l’ultima delle quali del 1936, cita anche un’altra «carta di riso» chiamata in Cina tung-tsao, ottenuta con un processo simile ma partendo dal midollo di piante della famiglia del ginseng, usata per disegni e pitture e per la fabbricazione di fiori artificiali.

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