La carta costituzionale antidoto alle disuguaglianze
Scaffale «Forte e robusta», di Paolo Ciofi, edito da Bordeaux. Domani online alle 18 per Futura Umanità con A. Höbel, P. Napoletano e M. Prospero
Scaffale «Forte e robusta», di Paolo Ciofi, edito da Bordeaux. Domani online alle 18 per Futura Umanità con A. Höbel, P. Napoletano e M. Prospero
La ripresa della sinistra non può che passare per l’assunzione della Costituzione come suo «programma fondamentale». Questa è l’idea riproposta da Paolo Ciofi in un libro dal titolo esplicativo quanto ottimista: Forte e robusta. Perché la Costituzione ci rende immuni da disuguaglianze e populismi (Bordeaux, pp. 128, euro 14), che offre al lettore, in appendice, anche il testo della Costituzione stessa (lettura che resta affascinante ed è utile reiterare). «Se l’obiettivo è la conquista di una civiltà più avanzata», cioè capace di oltrepassare il capitalismo – come scrive Ciofi evocando Berlinguer –, «questa Costituzione, che già contiene elementi di socialismo, indica la strada».
PER CHI CONSIDERA la Costituzione del ’48 alla stregua di una via per il superamento del capitalismo il centro dell’attenzione non può che essere il suo art. 3, che recita tra l’altro: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
Come sottolinea ripetutamente l’autore, questo è innanzitutto il punto che ci fa dire che la Carta non solo va oltre la difesa dei diritti civili e politici, non solo oltrepassa le logiche redistributive del capitalismo democratico, ma apre la possibilità di limitare fortemente la stessa proprietà privata dei mezzi di produzione.
L’iniziativa economica privata (una delle forme previste, accanto a quella pubblica e a quella cooperativistica), infatti, non deve essere, secondo la Costituzione, in contrasto con la sua «utilità sociale» (art. 41). Essa deve essere accompagnata da misure che ne assicurino «la funzione sociale» (art. 42), fino ad arrivare all’espropriazione e alla statalizzazione (art. 42 e art. 43). Se a ciò aggiungiamo che l’art. 4 afferma che la Repubblica riconosce a tutti «il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto», si vede bene come ci si trovi in effetti in un ordine di discorso di tipo socialistico.
ATTRAVERSO QUESTI e altri strumenti, dunque, la Costituzione non si limita all’eguaglianza come pari opportunità, secondo un mantra del liberalismo odierno, anche il più migliore. Ma afferma l’obiettivo di una eguaglianza sostanziale, sociale ed economica. Essa è per molti aspetti una Costituzione avanzata, figlia di una stagione forse irripetibile, quella della vittoria contro la barbarie nazifascista, e scritta da protagonisti della levatura di Togliatti («il rivoluzionario costituente», lo definì Gianni Ferrara) e Moro, Lelio Basso e Dossetti, Calamandrei e Terracini, ecc.
SE TUTTO CIÒ È VERO, non possono però essere elusi i problemi che questa Costituzione oggi pone. Mettiamo da parte il fatto che in vari punti essa è stata peggiorata negli ultimi lustri: basti pensare alla riforma del Titolo V nel 2001, che ampliò in modo notevole le competenze regionali, e che anche l’odierna pandemia ha fatto riconsiderare criticamente, per quel che concerne ad esempio settori fondamentali come la sanità e la scuola. E non discutiamo qui la grave mancanza nel dettato costituzionale di una legge elettorale proporzionale, che i costituenti credevano forse ovvia, lasciando di fatto scoperto un fronte che si è rivelato delicatissimo per la stessa nostra democrazia.
A parte questo, il punto più problematico resta il seguente: la nostra Costituzione è, almeno nei suoi principi, progettuale e programmatica, cioè indica un orizzonte, una meta, qualcosa da realizzare. Ciò significa – mi pare si possa dire – che essa è un’utile trincea (finché resiste) di fronte agli attacchi reazionari, ma è sempre soggetta ai «rapporti di forza», sociali e politici. Ciò spiega perché sia rimasta in gran parte inapplicata proprio in alcuni suoi punti alti e tenda oggi a esserlo sempre meno.
INSOMMA, LA COSTITUZIONE è un utile strumento (anche se da aggiornare). Ma il punto decisivo resta quello della necessità di un soggetto politico che se ne sappia fare alfiere, un partito che purtroppo oggi manca. Se tale partito vi fosse, l’obiettivo dell’attuazione della Costituzione potrebbe essere un punto di partenza, forse non esaustivo, ma sicuramente molto utile.
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