La carenza di fondi non è l’unico handicap della scuola
Le dimissioni del ministro Fioramonti La scuola e l’Università sono gravemente sottofinanziati e vivono in perenne affanno per mancanza di risorse. E su questo punto le destre dovrebbero tacere perché con i tagli lineari del […]
Le dimissioni del ministro Fioramonti La scuola e l’Università sono gravemente sottofinanziati e vivono in perenne affanno per mancanza di risorse. E su questo punto le destre dovrebbero tacere perché con i tagli lineari del […]
La scuola e l’Università sono gravemente sottofinanziati e vivono in perenne affanno per mancanza di risorse. E su questo punto le destre dovrebbero tacere perché con i tagli lineari del ministro Tremonti, hanno avviato il processo di sistematico ridimensionamento della scuola pubblica e dell’Università. Posso portare la testimonianza personale ricordando che dopo la riforma Gelmini, nel Dipartimento di Storia della Facoltà di Lettere della Sapienza, non disponevamo più neppure di fogli di carta intestata. Ed eravamo costretti a fare uso massiccio di fotocopie per replicare i pochi esemplari rimasti.
Ma la grave carenza di risorse non è l’unico problema. Al ministro Fioramonti rinnoverei l’invito a rimanere che gli ha rivolto Tomaso Montanari (Il Fatto, 20.12.2019 ) perché egli potrebbe intervenire con riforme senza costi, che, letteralmente, potrebbero cambiare dalle fondamenta le condizioni della scuola, ma anche dell’Università.
Queste istituzioni sono oggi gravate dalle cosiddette riforme avviate alla fine degli anni ’90 dall’Unione Europea, che tendono a fare del mondo della formazione la fucina di produzione di maestranze e dirigenze del mercato capitalistico globale.
Al ministro non può sfuggire che la scuola così come l’abbiamo conosciuta, luogo di formazione culturale, civile, spirituale è quasi andata distrutta. Al suo interno la cultura, l’insieme di discipline in cui si articola il sapere è subordinata a una logica di apprendistato, un campo neutro e frantumato di “competenze”, di cui gli studenti devono appropriarsi per accedere al lavoro. Perché il fine supremo delle nazioni è produrre e consumare, accrescere il Pil, competere nel mercato globale, mentre la Terra va in rovina. I 5S hanno meritoriamente ridotto le ore destinate all’ ”alternanza scuola lavoro” fissate dalla cosiddetta Buona scuola: la più grave scelta di degradazione culturale mai compiuta a danno della nostra principale istituzione formativa. Ma questo non basta.
Occorre rammentarsi del lavoro degli insegnanti, non solo del loro stipendio e della condizione precaria di tanti. Oggi queste figure sono sempre meno impegnate nell’insegnamento diretto e nella preparazione delle loro lezioni, nello studio e nell’aggiornamento, e sempre più assorbiti da compiti di valutazione, rendicontazione, misurazione dei risultati, elaborazione di progetti per raccogliere risorse per i loro istituti, ecc. Non bisogna dimenticarlo: la scuola-azienda reclama controllo dei risultati finali, come accade in qualunque impresa nata per fare profitto. Quindi i legislatori italiani ed europei che hanno cambiato scuola e Università, hanno tolto e tolgono la libertà agli insegnanti, perché sono sempre più loro che decidono come e quel che si deve insegnare. Mentre al tempo stesso impongono altro tempo di lavoro, il compito di valutare i risultati dei ragazzi, costringendoli a schedature, rapporti, rendiconti defatiganti e di nessuna utilità.
Controllo autoritario e nuove burocrazie soffocano oggi la scuola. Dunque è questo castello di carta che occorre spazzare via con coraggio, ridare centralità ai saperi, alla formazione anche sentimentale oltre che culturale dei ragazzi, togliere tanto vecchiume didattico e organizzativo, e creare un giusto equilibrio fra centralismo e autonomia. Pensiamo alla cultura ecologica di cui i nostri ragazzi sono forse i più carenti tra la gioventù europea. Rammentiamo ai lettori quel monumento di saggezza che è stata l’eliminazione della geografia dai programmi scolastici. Ebbene, quanto i nostri ragazzi apprendono oggi dei caratteri del territorio e dell’ambiente in cui sono nati e vivono? E si può pensare di arricchire tale patrimonio di conoscenze mandandoli al lavoro presso qualche Mcdonald o a fare apprendistato in qualche azienda metalmeccanica?
Caro Ministro Fioramonti, o chi verrà al suo posto, è con questo castello di stupidità e ignoranza dei nostri legislatori che occorre fare i conti. E per fare pulizia non ci vogliono soldi. E’ necessaria iniziativa politica, aprire un sistematico dialogo con le grandi energie intellettuali di cui il Pese dispone, e chiudere per sempre un’infausta stagione di delirio economicistico, scambiato per innovazione e modernità.
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