Qui al cohousing un autunno di pioggia sottile accompagna l’incontro di questa sera in questa tragedia di guerra. Luna è arrivata nel pomeriggio e racconta alle sue amiche Lola e Smirna la visita al cimitero ai suoi genitori. Dalla loro morte non era mai andata. Una triste storia familiare l’aveva rassegnata al silenzio come unico ricordo possibile. Oggi, giorno dei morti, ha portato un mazzo di fiori bianchi, nel verde delle sue colline, in quel paese tanto amato, dove, bambina, andava a trascorrere settimane dalla nonna, che le faceva trovare, nel loro posto segreto, giocattoli per lei. Entrare nella cappella tombale è stato, per Luna, come entrare a casa nei giorni di gioia. Ha accarezzato le foto dei suoi cari provando amore e affetto per loro, come se quel luogo proteggesse da ogni ombra e donasse a quella famiglia tutta la sua bellezza.

Quando a sera arrivano al cohousing gli amici e amiche, volano parole furibonde, alla ricerca di qualche senso per ciò che sta succedendo nella striscia di Gaza. Luna commenta quante famiglie non si incontreranno neanche su una tomba, frantumate in esplosioni di bombe e follia di guerra e non c’è più casa né per i vivi, né per i morti. Smirna parla dei libri di David Grossman, israeliano, che da 40 anni scrive riguardo al conflitto israelo-palestinese, nel quale ha perso anche il figlio Uri. Il libro «Sparare a una colomba», MI 2021, parla della sua appassionata difesa della pace e della libertà, e l’opposizione al disimpegno. Ognuno di fronte a queste atrocità deve domandarsi cosa fare, e lui sceglie di scriverne. Racconta storie personali, che sono su un piano diverso, rispetto ai dibattiti sulle grandi questioni, ma per lui sono il luogo «più universale» dentro cui è possibile identificazione umana e morale e interrogativi necessari: «come mi sarei comportato se…». Come se i momenti più salienti della storia non si svolgessero sui campi di battaglia, nei parlamenti, ma nelle cucine, nelle stanze di casa, dentro spazi di vuoto e dolore dentro di noi. Bisogna parlarne, capire come mantenere in tali situazioni parvenza umana e affrontare arbitrio e tirannia, altrimenti dimenticheremo. Grossman è convinto che Israele, sogno di rifugio per il popolo ebraico, sino a che non avrà concordato confini precisi e sicuri, non sarà a proprio agio nel mondo, non raggiungerà la libertà, ma è condannata a vivere una spirale infinita di violenza e morte. La libertà, declinata nel libro anche nelle forme quotidiane, è legata alla speranza, che non è illusione, ma lavoro per il futuro e forza dell’immaginazione umana. Per Grossman è come camminare con una candela in mano durante una violenta tempesta. Luna questa sera ha capito quanto sia una grazia poter andare a salutare, in pace, i propri morti.