La campanella suona fra le macerie, ma un terzo degli istituti è inagibile
Marche post-sisma Per la Onlus Action Aid «la ricostruzione lenta e poco trasparente, ancora non si sa quante sono le risorse a disposizione grazie alle donazioni, ai fondi pubblici e a quelli privati». A febbraio dovrebbero aprire 21 edifici nuovi, altre 72 nei prossimi due anni. Il resto è polvere
Marche post-sisma Per la Onlus Action Aid «la ricostruzione lenta e poco trasparente, ancora non si sa quante sono le risorse a disposizione grazie alle donazioni, ai fondi pubblici e a quelli privati». A febbraio dovrebbero aprire 21 edifici nuovi, altre 72 nei prossimi due anni. Il resto è polvere
Ritorno a scuola tra le macerie, senza grandi certezze, con i sindaci che ostentano un ottimismo abbastanza distante da una realtà che resta immobile, di poco diversa rispetto a un anno fa, quando il terremoto spazzò via tutto. A fare un giro di ricognizione tra i vari istituti, comunque, il calo delle iscrizioni risulta contenuto, quasi fisiologico: un 10 per cento netto in meno rispetto all’anno scolastico passato, stimano i funzionari degli uffici scolastici regionali.
Ad Amatrice e Accumoli, in totale, gli studenti saranno circa 350, una ventina meno dell’anno scorso. Ad Arquata si è passati da un’ottantina a 63, nel maceratese i dati sono a macchia di leopardo: a Caldarola si è passati da 520 a 470 studenti, tra Camerino, Fiastra e Serravalle di Chienti da 720 a 660. In molte zone si farà lezione nelle strutture provvisorie, come già accaduto nell’anno passato: a Serravalle si va a scuola negli stessi prefabbricati arrivati con il sisma del 1997, mentre a Muccia, Pievebovigliana e San Ginesio i container continuano ad essere l’unica soluzione praticabile. A Pievetorrina, in mancanza di meglio, l’anno scolastico comincerà dentro a un tendone, con il sindaco che comunque ha promesso l’edificazione di un edificio scolastico vero e proprio nel giro di «pochissimi tempo»: si tratterebbe della donazione di un privato, ma ancora non si sa neppure dove verranno piazzate le fondamenta. Ad Acquasanta Terme, nell’ascolano, si trova invece il dato più incoraggiante: venerdì saranno in 300 a tornare in classe, malgrado il 70 per cento delle case risulti ancora inagibile.
«Le famiglie si sono arrangiate – dice la preside Patrizia Palanca -, un servizio bus porterà gli alunni fin quassù. Noi faremo il possibile per garantire un anno scolastico regolare a tutti gli studenti, ma le ferite psicologiche del sisma sono molto difficili da guarire».
Molti disagi sono causati dai ritardi nella consegna delle casette: è chiaro che la lontananza geografica di migliaia di persone influisce negativamente sulle iscrizioni. In compenso, si registrano aumenti degli studenti negli istituti delle città più grandi, come Ascoli, Macerata e San Benedetto del Tronto. Per dare un futuro alle scuole della zona montanara, il progetto che va per la maggiore è quello dei poli scolastici, con l’accorpamento di più istituti dalle dimensioni ridotte. Se ne parlerà meglio in futuro, anche perché, fino a febbraio, formalmente perdurerà lo stato di emergenza, e quindi di ricostruzione vera e propria non si parla. Si fa quel che si può, con il poco che si ha. «È la scuola che ci ridarà la vita, molte famiglie si riavvicineranno», sostiene il sindaco di Arquata del Tronto Aleandro Petrucci, in uno slancio di ottimismo. Il problema più grande riguarda la ricostruzione: già lo scorso gennaio il governo disse che gli edifici scolastici erano una priorità assoluta, e ancora lo scorso luglio sono state emesse diverse ordinanze proprio per cercare di favorire il più possibile l’apertura di scuole nella zona del cratere.
I dati però non sono incoraggianti: nei 131 comuni che hanno subito danni più o meno rilevanti a causa del sisma, le scuole inagibili sono 824 su 2.409. A febbraio dovrebbero aprire 21 istituti nuovi, altre 72 si aggiungeranno nei prossimi due anni, mentre per 40 strutture sono in programma interventi di adeguamento o miglioramento sismico. Il resto è ormai solo polvere e verrà demolito. Ad Amatrice la principale novità riguarda l’apertura del liceo scientifico ad indirizzo sportivo: 31 iscritti, di cui però appena 10 locali, mentre gli altri arrivano, oltre che dalle vicine province di Rieti e di Perugia, da diverse parti d’Italia, «da Brescia alla Sicilia», assicura la preside Maria Rita Pitoni.
Per il resto, si naviga a vista. La onlus Action Aid, proprio ieri, ha rilasciato dichiarazioni molto dure sulla situazione, parlando della ricostruzione delle scuole come un qualcosa di «lento e poco trasparente». Questo perché, spiega il segretario generale Marco De Ponte, «ad oggi non sappiano ancora quante sono le risorse totali messe a disposizione grazie alle donazioni, ai fondi pubblici e a quelli privati».
Un dato, in realtà, ci sarebbe, ma, come tante altre cose in questa fase finale dell’emergenza terremoto, è avvolto nella nebbia: la raccolta fondi avviata in maniera specifica per le scuole è arrivata a toccare quota 3,2 milioni di euro, ancora inutilizzabili, mentre nelle Regioni si continua a discutere di cosa farci. Nelle settimane scorse si è parlato di varie ipotesi: piste ciclabili, piattaforme di atterraggio per elicotteri e idrovolanti, interventi sulle stazioni termali. Tanti progetti ambiziosi, ma niente per chi suona la campanella.
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