La caccia al tesoro della creatività
Maker Faire Condivisione, formazione permanente, Ma anche competizione feroce. Un'intervista a un videomaker presente alla Fiera dell'innovazione di Roma
Maker Faire Condivisione, formazione permanente, Ma anche competizione feroce. Un'intervista a un videomaker presente alla Fiera dell'innovazione di Roma
Federico è un lavoratore delle arti digitali, videomaker e regista, laureato in Studi Orientali ha collaborato alla realizzazione di documentari, video musicali e innovatore artista-programmatore delle nuove frontiere digitali.
Che ne pensi del Maker Faire?
È il più bel parco giochi che abbia mai visto! Ci sono stato alla prima edizione, l’atmosfera è totalmente coinvolgente, a dir poco pazzesco. Hai la possibilità di vedere e toccare con mano le nuove frontiere tecnologiche e in più hai un contatto diretto con le persone che sviluppano un progetto innovativo o un prototipo. Quindi è un momento di condivisione strategica, di idee e di networking fondamentale per la crescita del settore.
Sei laureato in arti digitali dello spettacolo?
No sono un autodidatta. È grazie alle comunità dell’ «open source» che ho potuto apprendere i contenuti tecnici. Ad esempio con piattaforme come Imoke, puoi studiare e fare corsi per conoscere i software utili allo sviluppo di determinati prodotti visivi e che meglio si adattano alle proprie idee. Così è iniziato il mio percorso, sfruttando le risorse aperte delle rete. Non ho un background tecnico, in una scuola o un istituto, ho dovuto colmare il divario in modo autodidatta. Il mio è un lavoro-studio in continua evoluzione; chi non si aggiorna rischia di rimanere escluso! Ogni giorno vedo nuove applicazioni e studio il lavoro di altri grafici per replicarli e per conoscere tutto il materiale online strettamente tecnico e di aggiornamento. Ce ne sono tantissimi. Negli ultimi anni si è sviluppata moltissimo la cultura dell’arte visiva on line e di software creati per colmare il divario tra tecnologia e arte, una zona nuova, uno spazio che si sta aprendo alle innovazioni sperimentali. Spesso e volentieri gli strumenti tecnologici in particolare nell’ambito della programmazione e del software sono tutti open source, cioè aperti e fruibili per tutti. Ci sono grosse comunità che condividono i contenuti. Ad esempio nell’ambito del 3D la prima si chiama «Bender», ritenuta la più numerosa comunità di videomaker on line. A livello informatico ci sono due nuovi ambienti di programmazione pensati per chi non ha mai lavorato in questo settore, ma che ha voglia di fare qualcosa di tipo artistico. Si chiamano «Professis» e «Open Framework», che si integrano perfettamente con Arduino.
Che cos’è Arduino?
Arduino è un micro controllore, con un linguaggio aperto, che consente di trasformare un imput esterno in un altro output esterno, come i telecomandi. Con Arduino le potenzialità aumentano vertiginosamente, perchè ti consente di realizzare stampanti 3D, oggetti di desing, ma anche motorini per l’accensione di particolari robot comandati a Led. Attualemente uno degli ultimi progetti più innovativi appartiene a un ragazzo italiano che ha creato un esoscheletro di metallo e plastica, con cui comanda un robot, come Pacific Rim. In corrispondenza delle articolazioni ha posto dei potenziometri, Arduino riceve gli imput e li rigira al robot per far imitare i movimenti della persona.
Che legame si sta creando tra artista e programmatore? Possiamo parlare di una fusione?
Si, è proprio un cambio di mentalità che riflette un nuovo movimento culturale. L’importanza di saper programmare oramai è sempre più evidente, conoscere i linguaggi di programmazione è indispensabile, ma non basta. Fino a qualche anno non era facilmente accessibile reperire informazioni in questo ambito, adesso invece sono nati una serie di strumenti per ridurre il gap tra chi si interessa di programmazione e la produzione artistica. L’esempio più noto di questa convergenza è la Pixar.
Come videomaker ho utilizzato questi nuovi strumenti per sperimentare nuove modalità di produzione o per ibridare gli ambienti. Ad esempio per un gruppo musicale di Roma ho proiettato visual durante i concerti, lavorando così alla sincronizzazione di musica e immagini. Per fare questo ho utilizzato due nuovi strumenti che si sono affacciati in questi ultimi anni; Ableton, un programma per realizzare musica e un software americano per il videomapping per abbinare elementi grafici e dinamici legati ai singoli strumenti musicali.
Quali sono le nuove figure alle nuove arti digitali?
Ci sono i creative coders, cioè programmatori creativi, non sono necessariamente programmatori in senso stretto ma utilizzano una serie di linguaggi di software aperti a tutti, per integrarli nella produzione artistica o per metterli a servizio della produzione artistica. Poi ci sono i creative technologist; artisti tecnologici che elaborano strumenti hardware e software già esistenti per fonderli in una nuova sperimentazione fino a sviluppare nuovi programmi. Gli artisti tecnologici sono coloro che creano nuovi software e li mettono a disposizione della comunità in modo gratuito. Per esempio Kyle Macdonald è uno dei più grandi sviluppatori open frameworks, che mette online tutte le nuove app che inventa.. Un altro prodotto innovativo si chimaa Syphon; è stato creato da Anton Marini e permette di condividere un video tra più applicazioni per lo sviluppo di altri sofware.
Quali sono le nuove frontiere in questo settore?
Il nuovo filone creativo che sta prendendo sempre di più piede è incentrato sulle potenzialità dei media cosidetti «immersivi», legati cioè alla realtà virtuale. Google adesso sta lanciando «Google Cardboard», un prodotto con un design molto grezzo, infatti il materiale è di cartone. All’interno è presente un piccolo software che consente di poter trasformare il proprio smartphone in un visore di realtà virtuale per la visione di documentari, cortometraggi o animazioni per i cellulari. Già da Marzo 2015 sono visibili su internet i primi prototipi, per il settore del videomaking rappresenta senza alcun dubbio la nuova frontiera.
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