Cultura

«La buona terra», volti e legalità in agricoltura

«La buona terra», volti  e legalità in agricolturaMosè lavora nei campi di Pachino Photoaid

Scatti Inaugurata ieri a Roma una mostra fotografica sul lavoro nei campi

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 10 febbraio 2017

Mosè ha 55 anni, tunisino, lavora da anni nelle coltivazioni di Pachino. Anna, polacca, si occupa dell’inscatolamento dei prodotti agricoli, a Foggia. Khan, indiano d’etnia sikh, raccoglie meloni in provincia di Mantova. Sono alcuni dei volti di «La buona terra», la mostra fotografica dedicata a chi lavora nei campi che è stata inaugurata ieri alla Biblioteca della Camera dei Deputati (e resterà aperta fino al 24 febbraio, orario 10-19 da lunedì a venerdì), con la partecipazione della Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. «L’illegalità non è un destino inesorabile – ha dichiarato – Questa mostra è un segno di speranza, promuove il rispetto e la dignità dei lavoratori, in modo che tutta la filiera agroalimentare produca cibo pulito, senza sfruttamento ed emarginazione».

LA MOSTRA (ideata da Silvia Mastagni) accompagna la seconda fase della campagna «Buoni e giusti Coop» che promuove l’eticità nelle filiere ortofrutticole, con l’aiuto anche di un filmato di Francesco Sellari (con interviste ai protagonisti e riprese sul campo). Venti foto di grande formato per dimostrare che si può lavorare nell’agroalimentare in condizioni di legalità e nel pieno rispetto dei diritti di ognuno. Lavoratori italiani e immigrati, giovani e anziani, cooperative e aziende familiari, che fanno parte degli 832 fornitori nazionali e locali di frutta e verdura (per oltre 70 mila aziende agricole inserite nella filiera Coop). Un gruppo di fotografi di Photoaid ( in particolare Michele Cazzani e Andrea Micheli) hanno girato per le regioni d’Italia, principalmente al sud (Gioia Tauro, Pachino) ma non solo (Mantova, Friuli) per documentare questa grande operazione di legalità, per dire forte che caporalato, sfruttamento delle persone e del lavoro, illegalità debbono sparire dalle nostre tavole, dai prodotti che consumiamo quotidianamente. Chi non rispetta le regole in campo di lavoro e di diritti esce fuori dal sistema Coop. I controlli sono stretti e pagare la giusta retribuzione alza i costi, rispetto a chi versa pochi euro al giorno di paga.

SCATTATE IN DIVERSE REGIONI italiane, seguendo il ciclo estivo della raccolta di frutta e verdura, le immagini mostrano i volti e accennano le storie di chi ha scelto di produrre per Coop rispettando le leggi sul lavoro, riconoscendo dignità a chi tutto il giorno è nelle campagne del nostro Paese. Non solo giusta paga, ma anche rispetto delle minime condizioni di accoglienza per i lavoratori immigrati, e anche corsi di lingua e di qualificazione professionale. Così seguiamo Salvatore e Mauro Modolo, che hanno una piccola azienda a conduzione familiare, una delle 84 aziende socie della cooperativa Aurora. Nata negli anni ’70 per dare maggiore forza negoziale ai piccoli produttori che si affacciavano sui mercati nazionali. La Cooperativa oggi produce 6 varietà di pomodori, angurie, mini angurie e zucchine, per circa 170 ettari.
Le facce, i gesti le condizioni materiali, la soddisfazione di poter essere accomunati a tutti gli altri esseri umani, nel loro desiderio di dignità, rispetto e libertà di scelta. Finalmente non solo sfruttamento ma anche i racconti di chi s’impegna nella battaglia contro il caporalato e le ingiustizie, chi ha deciso di stare dalla parte della «buona terra».

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